Nell’agosto del 1516 si spegneva nel suo paese natale Hieronymous Bosch. Nel 2016, in occasione del cinquecentesimo anniversario della scomparsa, José Luís López Linares decide di dedicare un documentario all’artista olandese e alla sua opera più celebre: Il Giardino Delle Delizie. Ma cosa ha spinto il cineasta spagnolo, la cui carriera conta più di quaranta documentari, ad interessarsi ad un uomo della cui vita e arte si conosce ancora così poco?
El Bosco, così era noto Bosch nel resto d’Europa, è uno dei pittori più misteriosi ed evocativi della storia dell’arte. I suoi dipinti visionari, ricchi di figure e forme che sembrano uscite da un’esperienza onirica, sono tra le tavole più dibattute dai critici di tutti i tempi. Sono molti gli spunti da cui partire per approcciarsi al linguaggio unico e particolare dell’artista olandese, eppure il significato dietro la maggior parte di quei mostri così riconoscibili e così diversi da ogni riferimento iconografico rimane incomprensibile anche agli occhi degli studiosi più esperti.
L’alone di mistero non avvolge solo la sua arte, ma anche la sua biografia: vissuto a cavallo tra il XV e il XVI, poco si sa sulle sue influenze personali o artistiche e non ci sono lasciti scritti relativi ai pensieri e alle idee dell’artista. Certo è che la sua opera si adattò al clima trascendentista che caratterizzava l’Europa centro-settentrionale di quegli anni, nella quale (a differenza di quanto accadeva con l’Umanesimo italiano) figure come Martin Lutero, Erasmo da Rotterdam e Sebastian Brandt negavano la supremazia dell’intelletto; la partecipazione come confratello nell’associazione Nostra Diletta Signora – dedicata al culto della Vergine – permise a Bosch di destreggiarsi a dipingere soggetti religiosi adattandoli però alla sua personalissima visione, dando vita a quelli che possono essere definiti veri e propri ‘deliri’ pittorici. Il Giardino delle Delizie rappresenta l’apice dell’espressione artistica del pittore e della complessità della sua creatività, e riesce a fondere la cultura figurativa fantastica ed esotica del Medioevo e le nuove istanze del rinascimento fiammingo.
L’opera, un trittico ligneo ad olio di 220 per 389 centimetri conosciuta anche come Il Millennio, è ritenuta il capolavoro e il dipinto più ambiziosa di Bosch, e all’apparenza sembra essere una raffigurazione della storia dell’umanità secondo la dottrina cristiana medievale.
Il dipinto è composto da un pannello centrale al quale sono accostate due ali rettangolari le quali, richiudendosi su di esso, mostrano una rappresentazione della Terra durante la Creazione; è al suo interno che si nasconde però la bolgia di particolari misteriosi in grado di attirare su di sé ogni anno gli occhi di migliaia di visitatori, venuti non solo ad ammirare ma anche a cercare di comprendere e a dare una propria interpretazione agli scenari surreali e al contempo strazianti rappresentati.
López Linares decide di costruire un documentario basato proprio sul rapporto del pubblico con il dipinto di Bosch, che, con il ricorso a scene bibliche e visioni allucinate, offre stimoli a ogni tipo di fruitore, dall’osservatore comune a quello più acuto. La scelta di ambientare la pellicola proprio nella stanza del Museo del Prado di Madrid in cui l’opera è conservata permette di creare una sorta di continuazione della conversazione iniziata cinque secoli fa sul significato di quello che oggi è considerato il dipinto più enigmatico della storia dell’arte. Sin dai primi anni di esposizione presso la Corte dei Duchi di Nassau infatti, il trittico è stato oggetto di diverse interpretazioni: considerato un’eresia per alcuni, un’utopia per altri, una satira morale del mondo e dei suoi peccati per altri ancora.
In Bosch – Il Giardino dei Sogni la complessità dei dettagli viene messa a fuoco e analizzata secondo un parere tanto professionale quanto personale da storici dell’arte come Pilar Silva e Xavier Salomon, scrittori come Salman Rushdie e Orhan Pamuk, artisti come Miquel Barceló, musicisti come Ludovico Einaudi, e ancora drammaturghi, illustratori, neuroscienziati che tutti insieme testimoniano come la grandiosità del trittico non possa e non voglia essere canonicamente definita e compresa.
I tre pannelli mettono in scena rispettivamente l’incontro tra Adamo ed Eva per mano di Dio (rappresentato per la prima volta con sembianze umane e con il volto di Gesù Cristo), e la riproduzione della personale visione dell’artista del Paradiso e dell’Inferno. Figure nude, animali esotici e spesso antropomorfizzati, costruzioni dal tono fiabesco fanno pensare a Bosch non come ad un rappresentante dell’arte rinascimentale, ma come primo e vero Surrealista in grado di dipingere personaggi grotteschi e fantastici.
Messaggi critici, delirio erotico e fiaba poetica, tragedia e commedia, vita e morte: tutto questo è Il Giardino delle Delizie, ed è difficile togliersi dalla testa l’idea che l’intento di Bosch fosse quello di dipingere un ammonimento per l’umanità illustrando le conseguenze per i peccati terreni.
Il documentario vuole dare voce a un ampio numero di interpretazioni cercando di ricreare l’atmosfera misteriosa che avvolge da sempre il Trittico e di individuare un senso in quell’iconografia così inusuale, ma purtroppo fallisce nell’intento di dar vita ad un prodotto affascinante tanto quanto lo è l’opera protagonista. I contributi di artisti e esperti vari non offrono allo spettatore veri e propri spunti di riflessione ma anzi, ne accentuano la confusione. Inoltre, considerando il passato da confratello e la scelta di rappresentare scene bibliche, sarebbe stato avvincente inserire un ulteriore intervento che esprimesse un commento di natura ecclesiastica, così da rendere più ricca, stimolante e completa l’indagine.
Bosch – Il Giardino dei Sogni sarà nelle sale per una release limitata il 7 e l’8 novembre grazie a Nexo Digital nell’ambito del progetto de La Grande Arte al Cinema promosso in collaborazione con Sky Arte HD.