Il coraggio di Antonina Żabińska e suo marito Jan rivivono al cinema nel film di Niki Caro La Signora dello Zoo di Varsavia. I coniugi Żabińsksi interpretati da Jessica Chastain e Johan Heldenbergh hanno sfidato il regime nazista in Polonia e salvato centinaia di ebrei, proteggendoli e nascondendoli nello zoo di cui erano i custodi.
La regista de La Ragazza delle Balene dirige la storia di Antonina nell’adattamento di Angela Workman al libro della saggista Diane Akerman The Zookeeper’s Wife, tratto dai diari della Żabińska, considerata in Polonia un’eroina nazionale.
Jessica Chastain è il volto dell’eroina polacca Antonina Żabińska
La storia è narrata in un arco temporale che va dal 1939 al 1945, quando la Germania nazista invade la Polonia, mettendo in atto un terribile piano di distruzione e deportazione.
Il dottor Jan Żabińsksi e sua moglie Antonina sono i custodi dello zoo di Varsavia e conducono una vita dedicata al lavoro e alla famiglia, la coppia condivide sia l’amore per la zoologia che per la cultura umanistica. Impegnati nella cura degli animali, che trattano con grandissimo rispetto, con il progetto di trasformare lo zoo in un habitat naturale, Antonina e Jan si trovano a dover prendere ordini dal capo zoologo nazista Lutz Heck (interpretato da Daniel Brühl) e trovare un espediente che continui a far vivere lo zoo, privato di quasi tutti gli animali, morti o dispersi dopo un bombardamento.
Antonina, dal carattere mite ma inconsapevolmente audace, riuscirà a convincere il generale Heck a trasformare lo zoo in un allevamento di maiali, utili per sfamare l’esercito e allo stesso tempo mantenere l’attività di famiglia ma il clima sempre più ostile verso il popolo polacco e successivamente contro i numerosi ebrei di Varsavia indurrà i Żabińsksi a studiare un piano per mettere in salvo centinaia di persone, sfruttando i tunnel sotterranei e le gabbie destinate agli animali, presenti sotto la loro abitazione.
Una storia commovente che apre il dibattito sul concetto di umanità
Insieme Antonina e Jan metteranno in salvo circa 300 ebrei polacchi, destinati ad una morte certa e si uniranno alla Resistenza, sfidando con grandissimo coraggio, l’esercito nazista.
Una storia poco conosciuta quella della famiglia Żabińsksi ma non meno avvincente di altre vicende storiche legate alla causa contro il Terzo Reich, che in questo caso si manifesta nella Resistenza polacca che Antonina e Jan abbracciano quando il loro Paese è invaso dalla disumanità e brutalità dei nazisti.
Un ritratto romantico della protagonista, raffigurata come una moderna divinità
Niki Caro ne La Signora dello Zoo di Varsavia dipinge un’immagine della protagonista come idealizzata, raffigurata come una donna irreprensibile, moglie devota, madre esemplare, lavoratrice instancabile, amante degli animali quanto degli esseri umani.
Una donna virtuosa ma allo stesso tempo borghese, mai svestita dei suoi costumi ben confezionati, con tanto di accezione glamour nella ricercatezza degli abiti indossati da Jessica Chastain, magnifica anche in questo ruolo.
Candidata due volte all’Oscar e vincitrice di un Golden Globe per Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow, la Chastain regge interamente la struttura di questo biopic con tutta la versatilità che un’attrice di talento riesce a dimostrare.
Ancora una volta per lei si scrivono ruoli di carattere, come quello di Antonina, dove a venir fuori e suscitare le reazioni più forti nello spettatore, è il concetto di amore e umanità, espresso attraverso il corpo e l’anima della protagonista. Capace di tenere in braccio un neonato e un cucciolo di leone allo stesso identico modo, con la stessa naturalezza ed empatia la Chastain, con la sua interpretazione, onora la memoria delle tante eroine che hanno lottato perché in Europa si ristabilissero le più elementari regole di tolleranza e rispetto, andando incontro ad indicibili sofferenze.
Niki Caro ci racconta che l’orrore della guerra colpisce tutti gli esseri viventi
Una scelta decisiva per la buona riuscita del lungometraggio di Niki Caro, che esprime la volontà di raccontare la follia nazista mettendo tutte le vittime sullo stesso piano, che siano uomini o animali.
L’essere vivente è quindi al centro della pellicola, indifeso contro i prepotenti ma forte della solidarietà che ci rende umani.
La storia perde di struttura nell’analisi dei coprotagonisti
I coprotagonisti Daniel Brühl e Johan Heldenbergh sono messi in secondo piano dalla regista, che compiendo questa scelta non concede a due bravi interpreti di prendere parte seriamente alla storia, che perde di struttura e complessità per privilegiare il ruolo di Antonina. Certamente il plot si costruisce sulla biografia della protagonista, ma non sfruttare la bravura di due attori europei come Brühl, interprete di tanti film di successo(da Goodbye Lenin a Bastardi Senza Gloria) e candidato a numerosi premi ed Heldenbergh (Alabama Monroe – Una storia d’amore) artista belga altrettanto versatile, è il maggiore errore che penalizza il film.
Seppur la regista neozelandese enfatizzi troppo la figura di Antonina, dipingendola in alcuni momenti quasi come un essere soprannaturale, raccontare una storia complessa come quella dell’invasione della Polonia attraverso gli occhi di un’eroina nazionale non è un’operazione semplice da compiere e malgrado alcuni evidenti errori nella sceneggiatura di Angela Workman il lavoro risulta credibile e ben confezionato.
Per la lavorazione del film è stato necessario l’utilizzo di animali veri che, come specificato dalla produzione, sono stati trattati con il massimo rispetto e non sradicati dal proprio habitat. Una scelta sicuramente corretta per la buona riuscita de La Signora dello Zoo di Varsavia, ma che agli amici degli animali potrebbe causare qualche fastidio, soprattutto nella prima parte, ma credo che la scelta di puntare sull’empatia verso questi esseri indifesi, sia anche l’elemento distintivo del film.
Il tocco umano che caratterizza i lavori della Caro domina anche questa pellicola, dove predomina il concetto di amore e lotta per la salvezza di tutte le creature viventi, una scelta coraggiosa che premia questo lungometraggio e apre alla riflessione sugli orrori della guerra e sulla capacità dell’essere umano di continuare a sperare in un mondo migliore.