Da oltre un mese, giornali, siti e televisioni ci stanno sommergendo con milioni di parole riguardo lo scandalo delle violenze sessuali di Hollywood. È alquanto curioso che una delle lettura più complete, estremamente personali e profonde sia arrivata da Sarah Silverman, una delle più famose comiche di stand up d’America.
The Big Sick, ultimo film prodotto da Judd Apatow e diretto da Michael Showalter, parte proprio dalla storia vera di Kumail Nanjiani, stand up comedian nato in Pakistan, oggi tra i volti più noti di Silicon Valley, ed Emily V. Gordon. Con qualche ovvia licenza artistica, la pellicola ripercorre la loro non facile love story che riesce a far convergere un romanticismo sottile e divertente con uno scottante contesto socio-culturale.
La famiglia di Kumail desidera programmare un matrimonio con una donna pakistana per rispettare le rigide tradizioni musulmane; Kumail frequenta felicemente Emily (Zoe Kazan) all’insaputa dei suoi parenti e sogna di abbandonare il suo lavoretto come autista di Uber per dedicarsi alla sua passione. Le cose si complicheranno quando Emily sarà colpita da una grave malattia.
Presentato e accolto con entusiasmo al Sundance, The Big Sick è in tutto per tutto uno dei migliori esempi dell’indie americano di quest’anno (un anno cinematografico particolarmente sottotono per le commedie). L’America è presente nei luoghi, nelle abitudini, negli spostamenti, nei sogni e nei mestieri, eppure i sentimenti sono ben lontani da quelli di una commedia standard alla Adam Sandler. La storia d’amore di Kumail ed Emily riesce a colpire tanto intensamente lo spettatore proprio perché risulta moderata nel suo progredire. Nella prima parte, oltre il piacevole velo della commedia, le psicologie dei protagonisti vengono mostrate come timorose e spaventate, in un mondo in cui si susseguono i “non chiamarmi” per la paura insana di volersi dire “vediamoci domani”.
La sceneggiatura, scritta da Nanjiani e Gordon, utilizza la commedia con delle battute mai fuori posto per arrivare a un’attualissima visione della convivenza tra culture nell’America odierna. Non si ride più dell’immigrato pakistano, ma è lui stesso a far ridere il suo pubblico: si guarda agli Stati Uniti del 2017 da angolazioni poco esplorate con tantissima autoironia, ma anche una serietà di fondo riguardo la questione dell’immigrazione e delle differenze razziali. Una scrittura così ben articolata non è supportata da un reparto registico altrettanto originale: Michael Showalter rimane incastrato in un passato televisivo che comporta un risultato pulito ma molto impersonale.
Affrontare la malattia con decisione, evitando la retorica da ospedale e le lacrime facili, è la grande sfida vinta dal film: si avanza con calma e precisione nella narrazione senza snaturare mai il carattere dei personaggi. Un grande merito va al protagonista, un eccellente Kumail Nanjiani che esce vincitore nell’impresa (quasi impossibile) di interpretare se stesso senza estremizzare o rendere forzati alcuni momenti. Tutti i personaggi di contorno sono stipati in una piccola fetta temporale che però non corrisponde a una marginalità di sostanza. Fanno eccezione le impeccabili interpretazioni di Holly Hunter (anche da sola vale il prezzo del biglietto) e Ray Romano nei panni, tutt’altro che semplici, dei genitori di Emily.
In tutte le esibizioni di cabaret è presente un momento di riso seguito da un momento di consapevolezza. I comici migliori riescono a far incontrare una coscienza personale con una più ampia e collettiva. Proprio per questo motivo, The Big Sick riesce a trasportare in una commedia l’essenza stessa delle performance dello stand up comedian Nanjiani.
The Big Sick è in sala dal 16 novembre con Cinema di Valerio De Paolis.