Negli ultimi anni l’horror sta attraversando una nuova età dell’oro al cinema, tanto che ormai si parla sempre di più di post-horror: un sottogenere che riesce a trasfigurare immaginari sociali, politici e umani con risultati eccellenti e, in alcune occasioni, approfondimenti sul quotidiano di gran lunga migliori rispetto a pellicole più classiche e convenzionali. La lista è sconfinata: It Follows, The Witch, The Neon Demon, Get Out (solo per citare gli esempi più illustri); sono tutti lungometraggi dove non è l’ignoto ad essere terrificante ma la realtà stessa. Questa rivoluzione, dove l’horror diventa la cartina di tornasole dark del mondo in cui viviamo, sta prendendo forma dappertutto, anche negli angoli più insospettabili del globo. Il caso di Under The Shadow (finalmente disponibile, grazie a Midnight Factory, in limited edition DVD e blu-ray) è la conferma di questa tendenza inarrestabile: il film dell’esordiente Babak Anvari è un’opera insolita e unica, capace di raccontare un pezzo di storia dell’Iran attraverso le paure più ataviche e irrazionali.
FRA STORIA E MITOLOGIA
Siamo a Teheran, alla fine degli anni ‘80, in piena guerra tra Iran e Iraq. Una giovane madre, Shideh (Narges Rashidi), non può più tornare a studiare medicina perché ha preso parte alle manifestazioni studentesche nel periodo di influenza sovietica. Mentre il marito Iraj (Bobby Naderi) si trova al fronte, Shideh è costretta a occuparsi da sola della figlia Dorsa (Avin Manshadi) mentre fuori dal suo appartamento volano i missili iracheni che minacciano il suo stesso condominio. L’atmosfera diventa ancora più invivibile quando uno di questi missili precipita sulla loro casa, squarciando il soffitto del palazzo: da quel momento Shideh e la figlia si trovano ad affrontare una presenza misteriosa e soprannaturale. Secondo Dorsa quella presenza è un Djinn, un’entità demoniaca propria della mitologia islamica (menzionata più volte nelle Mille e una Notte) capace di possedere gli esseri umani attraverso oggetti che appartengono alle loro vittime.
UN LOW-BUDGET DA OSCAR
Va detto subito che Anvari è bravissimo a giocare con le regole del genere, riducendo la comparsa (o la scomparsa) del paranormale in pochi spazi ed ombre con precisi movimenti di macchina. Il male arriva dalle più classiche delle origini: gli angoli della casa, gli interstizi fra le porte e i muri, le scale, i corridoi e, naturalmente, la cantina. Ma nonostante la povertà di location (scelta necessaria considerato il budget molto ridotto) Anvari è capace di restituire in pochi metri di set un rigore formale e un’eleganza decisamente fuori dal comune, che fanno di Under The Shadow un prodotto ben lontano dall’essere amatoriale (non è un caso che l’Inghilterra, che lo ha prodotto, l’abbia spedito agli Oscar come proprio rappresentante per il Miglior Film Straniero). Per il resto tutto funziona alla perfezione: la scrittura dei personaggi e dei dialoghi che unisce attese e virate dinamiche, la colonna sonora che si intreccia con i rumori diegetici (il vento soprattutto), il montaggio complesso e innovativo e, infine, l’intelligente uso di effetti speciali nel posto giusto al momento giusto, che non inquinano minimamente il realismo inquietante della pellicola.
L’INCUBO È IL QUOTIDIANO
Ma ciò che risulta veramente interessante nell’opera prima di Anvari è la capacità di utilizzare l’immaginario dell’horror in chiave storica e sociale. Il terrore della guerra diventa tutt’uno con quello atavico per il Djinn, con i missili dell’Iraq che fungono da ponte per veicolare il soprannaturale fin dentro casa. Realtà e incubo si fondono mostruosamente, in una sorta di labirinto claustrofobico senza via di fuga: scomodando Stranger Things, un “sottosopra” che non è più “sotto” o “sopra”, ma si rivela un unico piano dove la paura è totalizzante, dove i confini fra allegoria e quotidiano non esistono più. Ma Under The Shadow offre altre chiavi di lettura: su tutte la complessità del personaggio femminile di Shideh, stretta fra la repressione sociale e il rapporto conflittuale con la piccola figlia, un affresco di donna che può ricordare la protagonista di Babadook ma che in realtà offre evoluzioni psicologiche meno schematiche, nelle quali alla paura per l’universale (la guerra, appunto) si unisce la paura intima della propria solitudine di madre e di donna.
Con Under The Shadow arriva dunque anche in Iran il post-horror che condensa tensioni sociali e umane in uno spaventoso prodotto di genere dalla potenza suggestiva e autoriale rarissima. Tanto da rivelarsi, se non uno dei migliori film horror del 2016, sicuramente l’esordio più sorprendente e originale dello scorso anno.