Quando nel 1996 Radu Mihaileanu, al lavoro su Train De Vie, offrì a Roberto Benigni la parte del protagonista di un film che trattava con ironia il drammatico tema della Shoah, non poteva immaginare che il rifiuto del comico toscano fosse legato a un progetto concettualmente molto simile che sarebbe arrivato nelle nostre sale l’anno successivo: La Vita è Bella.
Quella pellicola – che Melampo Cinematografica e CG Entertainment hanno reso disponibile in home video in edizione limitata in una versione da 124 minuti – che piaccia o no fece la storia del cinema italiano, e ormai è passato abbastanza tempo per fare un bilancio su un titolo che oggi più che mai divide i cinefili tra detrattori ed estimatori e che invece ricevette un’accoglienza pressoché unanimemente positiva al momento del suo debutto nei cinema.
La Vita è Bella rappresentò infatti nel panorama cinematografico italiano di quegli anni uno scossone inaspettato. D’altronde Benigni era reduce da una serie di pellicole a modo loro di culto, ma tutt’altro che indimenticabili: Johnny Stecchino (1991), Il Figli della Pantera Rosa (1993) e Il Mostro (1994): non propriamente il curriculum di qualcuno destinato a sconvolgere il clima un po’ sonnacchioso dell’Italia filmica di quegli anni. Eppure, scrivendo (a quattro mani con Vincenzo Cerami), dirigendo e interpretando quel lungometraggio il cui titolo in fase di lavorazione era Buongiorno Principessa, il ‘discolaccio’ di Castiglion Fiorentino cambiò per sempre il corso della settima arte tricolore.
GLI OSCAR E LE CRITICHE DI MONICELLI
Nel parlare del successo di La Vita è Bella si menziona spesso quasi solo il trionfo agli Oscar (la pellicola ricevette gli award per il miglior attore, il miglior film straniero e la miglior colonna sonora): come se citare dei premi le cui dinamiche sono spesso più commerciali che artistiche bastasse a ‘rassicurarci’ che un personaggio difficilmente definibile come Roberto Benigni e il suo film un po’ ruffiano, strappalacrime e melenso in fondo non meritino un posto al fianco dei grandi maestri del cinema italiano, da Fellini a De Sica passando per Monicelli.
E d’altronde fu proprio Monicelli a definire “una mascalzonata” il revisionismo storico di un Benigni che, forse alla ricerca proprio del consenso dell’Academy, mise una bandiera americana anziché russa sul carrarmato che liberava il campo di concentramento del film.
Eppure La Vita è Bella fu molto più di un fortunato vincitore di tre statuette dorate: a dispetto di qualche difetto non proprio trascurabile (l’assegnazione del ruolo di protagonista femminile a Nicoletta Braschi rimane una delle scelte più controverse del regista) la pellicola polverizzò infatti ogni record al botteghino, ricevette un’accoglienza tendenzialmente buona da parte della critica e un consenso a dir poco ampio nella corsa ai più importanti premi internazionali.
IL BOX OFFICE DA RECORD E IL SUCCESSO DI CRITICA
Saranno pure passati due decenni – non proprio pochi, se pensiamo alla vivacità del cinema estero e nostrano degli ultimi anni – ma La Vita è Bella rimane di gran lunga il maggior incasso internazionale di sempre del cinema italiano, con ben 204.378.260 € di box office mondiale: un risultato cui nessun altro nostro film si è neanche lontanamente avvicinato.
Se non sono i numeri a decretare la qualità di un film, l’accoglienza critica può essere invece un buon indicatore, e a differenza delle precedenti pellicole del comico toscano, questa creò sì un acceso dibattito ma ricevette un coro di approvazione quasi unanime, e decisamente più benevolo rispetto ai giudizi di oggi. Furono poche le voci fuori dal coro (le più autorevoli delle quali furono la recensione tiepidamente positiva del Los Angeles Times e quella negativa di Time; mentre in Italia si distinse il j’accuse di Giuliano Ferrara), tutte tese principalmente a condannare la resa quasi favolistica della realtà dei lager. Ma non fu solo la stampa italiana a parlare in termini perlopiù positivi del film: su Rotten Tomatos la pellicola è tutt’ora un ‘certified fresh’ con 80% di critica e 96% di pubblico, e su IMdB ha un voto di 8,6/10, risultando addirittura alla 25a posizione nella classifica dei Top 250.
TUTTI I PREMI, DALLA CANNES DI MARTIN SCORSESE IN POI
Se i cinefili più oltranzisti potranno obiettare che gli Oscar non sono necessariamente il più autorevole dei riconoscimenti (ricordiamoci che l’anno prima della vittoria de La Vita è Bella fu Il Paziente Inglese a rubare la statuetta a Fargo, e che tre anni prima vinse l’award come miglior attrice non protagonista l’undicenne Anna Paquin), vi sono altre competizioni il cui prestigio è ben meno discusso. A far da capofila a queste vi è senza dubbio il Festival de Cannes, la cui giuria presieduta da Martin Scorsese premiò nel 1998 con il Gran Prix Speciale della Giuria la international cut del film (con 5 minuti di tagli e la voce narrante di Giosuè da adulto nel finale).
A Cannes seguirono molti altri riconoscimenti, e se decidiamo di sorvolare sul risultato piuttosto scontato dei nostri David, Nastri d’Argento e Globi d’Oro, non possiamo non citare il BAFTA, il SAG Award, il César, il Critic’s Choice Movie Award e il premio del pubblico al Toronto International Film Festival; giusto per nominarne alcuni. Un palmarès a dir poco prestigioso, che non può essere liquidato con qualche commento di sdegno né sminuito.
DOPO 20 ANNI, COSA DOBBIAMO PENSARE DEL FILM DI BENIGNI?
Se quindi La Vita è Bella ha rappresentato un fenomeno culturale ancor più che cinematografico, nonché un successo critico indiscutibile, come dobbiamo porci oggi davanti al film, a oltre vent’anni di distanza?
Non tutti i film invecchiano benissimo, e il gigionismo di Benigni oggi può risultare a tratti addirittura repulsivo, in quel contesto cinematografico. Dopo due decenni, lo spettatore più smaliziato troverà certamente difficilmente digeribili molti dei cliché presenti nella pellicola, reputerà eccessivamente furbi i suoi passaggi più melodrammatici e l’insistito indugio sul volto stupito del piccolo Giorgio Cantarini, e potrà anche commentare che – al netto delle non necessarie forzature storiche – la scelta di edulcorare la bestialità dell’Olocausto censurandone gli aspetti più violenti e crudi possa rappresentare una manovra capziosa per raggiungere il grande pubblico.
Detto ciò, La Vita è Bella rimane anche una storia dall’intreccio narrativo complesso e ambizioso (fosse anche solo per l’ampio arco temporale che copre), che se pure ha la cautela di ammorbidire le più disumane tra le bestialità naziste, al contempo si dimostra straordinariamente coraggiosa non tanto nell’ironizzare sul Terzo Reich, quanto nel cercare in modo insistito la risata dello spettatore, nonostante il contesto drammatico e senza per questo risultare insensibile. Se non mancano i momenti di melassa, l’emozione predominante è comunque la malinconia di una bellezza – la stessa citata nel titolo – cui la natura umana si aggrappa con tutta se stessa e la cui progressiva scomparsa è un processo però inarrestabile.
L’Olocausto ha rappresentato il più grande trauma dell’uomo moderno, e nel ritrarlo Benigni non cade mai nell’errore di banalizzare il male né di farne una narrazione bidimensionale (problema invece tutt’altro che scontato altrove, come vi abbiamo detto nella recensione di Lui è tornato). Ci sono una continua ricerca dell’emozione, una visione del cinema tutt’altro che asciutta e anzi piuttosto kitsch, un giudizio morale esplicitato anziché intrinseco e una narrazione storica a dir poco edulcorata, certo, ma se guardando un film come La Vita è Bella, piuttosto che riflettere sugli antri oscuri dell’animo umano, rimaniamo colpiti negativamente da un certo buonismo e dall’ostentato e ostinato (quasi fastidioso) entusiasmo del protagonista, allora forse dovremmo chiederci se come spettatori non pecchiamo per eccesso di cinismo.
La Vita è Bella, con le sue luci e le sue ombre, rappresenta ancora oggi una pagina importantissima del cinema italiano e, fosse anche solo per le straordinarie musiche di Nicola Piovani (tra le più belle della storia del cinema), è giusto che trovi un posto nella videoteca di ogni appassionato della settima arte. Riguardarlo oggi significa capire molto su noi stessi e sul cinema contemporaneo; su chi eravamo vent’anni fa e su chi siamo oggi.
E ORA VI RIVOLGIAMO UNA PROVOCAZIONE
Il tempo passa, e con esso cambiano i gusti del pubblico nonché i codici narrativi. Oggi è quasi fin troppo facile criticare gli aspetti negativi de La Vita è Bella, ma all’epoca quel mix inedito di dramma e commedia giocosa fu qualcosa di nuovo e dirompente.
Immaginate se quel film non fosse mai esistito e se oggi la sua storia fosse trasformata in una puntata di BoJack Horseman avente per protagonista un avo di Mr Peanutbutter. Sarebbe probabilmente salutata come una delle più belle pagine di sempre nell’ambito della serialità televisiva. Ora provate a guardare la pellicola di Benigni in quest’ottica.