Tra i film più attesi del Torino Film Festival 35, presentato nella sezione Festa Mobile, Amori che non sanno stare al mondo di Francesca Comencini non rispecchia le attese, nonostante le buone intenzioni.
Claudia (Lucia Mascino) e Flavio (Thomas Trabacchi) sono due professori universitari, che si sono conosciuti nel corso di un seminario sul romanzo e tra i quali è scoppiato un grande amore. Un amore durato anni, morboso, giunto però alla fine poco prima dell’altare. Claudia è ossessionata dalla rottura con l’ex compagno, e continua ad interrogarsi sui motivi dell’addio, mentre Flavio è pronto a ripartire. La narrazione continua sul doppio binario presente-passato, con l’uomo che incontra Giorgia (Camilla Semino Favro) e inizia una nuova relazione, e la donna che si lascia travolgere dalla passione con Nina (Valentina Bellè), sua ex studentessa. Non tutto però proseguirà, con il passato amoroso quanto morboso tra i due protagonisti che non può non lasciare scorie…
Tratto dal libro omonimo della stessa regista, Amori che non sanno stare al mondo è penalizzato da una certa mancanza di fuoco che ne mina la riuscita, a partire paradossalmente dalla sceneggiatura, scritta a sei mani insieme a Laura Paolucci e Francesca Manieri: lo script pare infatti dare troppo per scontato e la mancanza di una relazione causa-effetto nel succedersi degli avvenimenti lascia abbandonato a se stesso lo spettatore, a danno della credibilità della storia.
I protagonisti sono caratterizzati, sì, ma fino all’eccesso, tanto che – ad esempio – le ossessioni di Claudia sembrano suggerire più una malattia psichica che un innamoramento. La scelta di tingere il dramma sentimentale di commedia sarebbe poi più che apprezzabile, se non fosse per un’ironia stanca che non riesce lontanamente a colpire un pubblico che richiede freschezza e non soluzioni logore e abusate. Il tema dell’amore è sovente trattato con banalità, certo, ma l’assenza di indirizzi morali o di un punto di vista dell’autrice porta il tutto a seguire un percorso piuttosto erratico il cui significato non traspare in alcun modo sullo schermo (anche per via di scelta di regia tutt’altro che felici). I problemi di Amori che non sanno stare al mondo sono insomma molti, troppi per indulgere su di essi, soprattutto se dietro la macchina da presa c’è un nome prestigioso come quello della Comencini.
Nonostante quanto sin qui detto, il film vanta anche scelte degne di lode: dai monologhi interiori delegati alle voci fuori campo, all’efficacia con cui vengono confezionati i momenti più passionali, sino al cast di ottimo livello: Lucia Mascino e Thomas Trabacchi offrono infatti interpretazioni di grande caratura, soprattutto se commisurate alla debolezza della scrittura dei loro personaggi. Valentina Bellè, stella ormai in ascesa, colpisce per il grande carisma, e le interessanti scelte di fotografia di Valerio Azzali contribuiscono sensibilmente ad innalzare il livello della pellicola.
Tirando le somme, se la Comencini avesse deciso di affidare la trasposizione del suo libro a un altro regista, forse il risultato ne avrebbe giovato. L’impressione è che l’autrice abbia un legame troppo profondo col materiale d’origine per osservare con la giusta distanza (e capacità critica) quel che viene raccontato sul copione e messo in scena sul set. Un problema le cui implicazioni traspaiono tutte dal lungometraggio finito.