Al Torino Film Festival, in cui è stato presentato in concorso, They è stato forse il film che ha diviso di più i giudizi di più critica e pubblico. C’è chi ha ritenuto l’opera prima dell’iraniana Anahita Ghazvinizadeh una pellicola dispersiva, priva di solidità narrativa e chiarezza nei suoi intenti, incapace di approfondire i temi che pone sul tavolo. C’è chi poi invece l’ha ritenuto un lavoro originale e profondo, uno dei più belli passati da Torino (e all’ultimo Cannes), proprio perché affronta un tema attraverso vicoli paralleli e analisi non scontate, utilizzando codici non convenzionali alla lettura di una storia, per certi versi, drammatica.
LEI, LUI, LORO
La storia, ambientata nella periferia di Chicago, è quella del giovane J. (Rhys Fehrenbache), quattordici anni, che ogni mattina appena alzato scrive su un foglio se si sente “B” o “G”, maschio o femmina. J. vive da anni questa indecisione sulla propria pelle, tanto che è costretto a seguire una terapia ormonale per inibire la pubertà e usare (e far usare agli altri) il pronome “they”, “loro”, per indicare il proprio genere indeterminato e dunque ancora multiplo. Per J. però il tempo sta per scadere: dopo due anni di terapia deve decidere se effettuare o no la transizione. Durante l’ultimo week-end prima del grande passo, mentre i genitori sono in viaggio, la sorella di J. (Nicole Coffineau) e il suo ragazzo iraniano (Koohyar Hosseini) arrivano a casa sua per prendersi cura di lui. Anzi, di “loro”.
DIVERSITÀ E SCELTE DI VITA
In questo impianto narrativo Ghazvinizadeh avanza per sospensioni, osservazioni, silenzi e inserti onirici, evitando ogni scontro frontale e violento con il tema dell’identità di genere ma inserendolo in un intreccio di storie parallele, di individui che fanno parte di un mondo vario ed eterogeneo, con più identità e tensioni di vita diverse fra loro. Non è un caso che la stessa regista Ghazvinizadeh, che da tempo ha lasciato Teheran per vivere e lavorare in Nord America, abbia voluto raccontare così il tema dell’appartenenza: il ritratto sociale di They è incorniciato in un quadro profondamente eterogeneo dove i personaggi della storia, e non solo il/la protagonista, si trovano a dover gestire le proprie diversità. Così, mentre la sorella di J. deve valutare se continuare a viaggiare intorno al mondo per residenze d’arte oppure fermarsi in modo permanente, il suo fidanzato si trova costretto a decidere se tornare in Iran per aiutare la sua famiglia di origine oppure rimanere negli Stati Uniti. Sono bivi esistenziali che orientano i personaggi a diventare qualcosa, a intraprendere percorsi di vita, a “transitare” da uno status professionale, sociale e politico a un altro. Ma quella di J. è invece una transizione più radicale: “loro” devono decidere non solo cosa diventare, ma cosa essere nella propria vita.
IL RUOLO DELLA NATURA
Non è un caso che Ghazvinizadeh infarcisca buona parte delle riprese con ambienti naturali: dai fiori e dalle piante di una serra agli alberi di un bosco, l’autrice iraniana indica che la scelta che deve fare J. ha più a che fare con la natura stessa dell’essere umano, ponendo interrogativi nel rapporto di questa stessa natura con la propria identità sessuale. Disarticolando ogni facile discorso retorico sull’ostilità degli ambienti sociali, Ghazvinizadeh costruisce un microcosmo accogliente (soprattutto quello familiare) e si focalizza invece sull’arbitrarietà della scelta di J., sulla ricerca dell’identità necessaria che va ritrovata in profondità, nelle radici stesse del proprio essere. Ma la riflessione di Ghazvinizadeh non appesantisce in alcun modo la pellicola che scorre tenendo un ritmo incredibilmente rilassato se non – come nel delizioso affresco della festa di compleanno iraniana – perfino piacevole. In fondo tutto il film sorprendere per un mood inusualmente disteso e la particolarità della protagonista (o del protagonista) di They è che affronta il proprio dilemma sessuale senza drammi esteriori o interiori, vivendo a pieno il proprio dubbio e misurandolo con le altre diversità del mondo. E lo fa con un distacco ammirevole che non diventa mai freddezza, che non sfiora nemmeno mai per un momento la credibilità del personaggio.
Fino alla fine They, che sarà distribuito in Italia da Lab 80 film, conquista chi lo guarda per il disincanto con cui tratta un tema drammatico e per la capacità di filtrarlo attraverso uno sguardo multiplo, sfaccettato, mai risolutivo. Un’osservazione d’autore tanto minimalista quanto riflessiva e soprattutto capace di rimanere in superficie pur non rimanendoci mai davvero.