Jan P. Matuszyński per il suo primo lungometraggio ha scelto la difficile strada del biopic, presentando un lavoro sul famoso pittore surrealista Zdzisław Beksiński.
The Last Family, presentato a Locarno e nei festival europei di Sofia, Gdynia e Vilnius è disponibile gratuitamente e fino al 17 dicembre su Artekino.com, l’innovativa idea di cinema d’autore di ARTE (media punto di riferimento per l’arte in Europa) e la piattaforma di streaming Festival Scope. Il film può essere votato dal pubblico, in palio un premio in denaro e la possibilità di essere distribuito e promosso nei circuiti internazionali.
Il cinema incontra l’arte nel film sulla vita di Zdzisław Beksiński
Il giovane regista polacco offre la visione dal punto di vista dell’osservatore onnisciente della famiglia Beksiński, il capofamiglia Zdzisław (Andrzej Seweryn) la devota moglie Zofia (Aleksandra Konieczna), il figlio Tomasz (Dawid Ogrodnik) e gli eventi che scorrono dal trasferimento della famiglia a Varsavia nel 1977, fino agli anni novanta.
I Beksiński vivono una vita ordinaria e caotica allo stesso tempo, Zdzisław è un ingegnere che negli anni cinquanta ha lasciato il cantiere per dedicarsi completamente all’arte pittorica e fotografica, Zofia un’ex insegnante di lettere e il figlio Tomasz un promettente interprete dell’inglese. Vivono in un appartamento di nuova costruzione a Varsavia, insieme alle due anziane madri, condividendo gran parte della giornata.
Artista geniale e anticonformista Zdzisław Beksiński è un uomo mite, dotato di un sottile senso dell’umorismo, generoso con la vita ma consapevole di non vivere in eterno, così come convinto che non esista la perfezione, in un mondo dominato dalla casualità.
Egoista, instabile e con manie suicide è invece il figlio Tomasz, intelligente e colto interprete poi diventato un famoso presentatore radiofonico, mentre alla moglie Zofia tocca l’ancestrale ruolo di donna del focolare, colonna portante delle gioie e dei dolori della famiglia.
Pur sembrando una famiglia come le altre, con tanto di nonnine a carico, i Beksiński palesano continuamente le loro necessità artistiche, il loro edonismo e anche una certa propensione al suicidio, palesando un continuo malessere che però si rivela essere l’essenza della loro vita.
Tra scontri verbali, comportamenti bizzarri e un costante filo di depressione che sembra tenere insieme la famiglia, i Beksiński attraverseranno il ventennio più significativo per la Polonia moderna, dove cambiamenti politici, economici e sociali hanno portato nuova linfa vitale ad un paese per decenni sotto pressione.
Una famiglia dominata da velleità artistiche messa alla prova dagli eventi
Partendo dal presupposto che non possa esistere una vita senza dolore, il regista firma un film corale, che analizza dal punto di vista psicologico e sociale l’artista Zdzisław Beksiński e la sua tumultuosa vita famigliare. E’ difficile realizzare quanto il film sia il frutto della vera storia dei protagonisti, tanto reale quanto surreale, proprio come le opere di Beksiński, un misto di surrealismo e decadentismo a tratti gotico, che Matuszyński mette in scena attraverso gli occhi dei suoi personaggi.
The Last Family non colpisce nel segno da subito ma bisogna entrare appieno nella psicologia dei protagonisti per comprendere il microcosmo famigliare che il giovane regista vuole comunicare allo spettatore.
Matuszyński utilizza varie tecniche per addentrarsi tra i vari punti di vista, così il mezzo diventa il messaggio (parafrasando McLuhan) e coincide con la macchina fotografica, la telecamera, il walkman, il cd e il computer, tecnologia che ci aiuta a comprendere e scandire temporalmente i momenti della famiglia Beksiński.
Il primo lungometraggio di questo trentaduenne regista polacco sorprende per la maturità interpretativa, soprattutto a livello tecnico. Le inquadrature sono molto precise, i tempi giusti e gli interpreti eccellenti ma, un minutaggio eccessivo e la mancanza di riferimenti chiari alla storia polacca penalizza in alcuni punti The Last Family. Tuttavia si colloca in quell’universo del cinema d’autore che mette in risalto tutti i punti di forza delle scuole di cinema polacche, un connubio di ricerca estetica, humor dissacrante e minimalismo che affascina e stupisce.