Coco è la storia del piccolo Miguel, appassionato di musica che sogna una vita da cantante come il suo eroe Ernesto De La Cruz. Ma sulla sua famiglia, che cerca di ricondurlo sulla via delle responsabilità e del lavoro, vige il divieto totale di fare musica a causa di un loro antenato che lasciò moglie e figlia per inseguire i propri sogni. Deciso a ribellarsi, nel Giorno dei Morti Miguel si ritrova a suonare una misteriosa chitarra, finendo per essere catapultato nel colorato mondo dell’aldilà. Qui sarà aiutato dallo scheletro Hector che, in cambio del suo aiuto a mostrare sulla terra una sua foto per essere ricordato dai vivi, lo porterà finalmente a conoscere Ernesto e avere la sua benedizione. Ma il viaggio sarà più lungo del previsto e costringerà il piccolo Miguel a risolvere i misteri della sua famiglia.
UN GRANDE REGISTA PER UNA STORIA AMBIZIOSA
Alla regia del film, uno degli autori più importanti della Pixar Animation Studios: Lee Unkrich è stato co-regista di film come Monsters & Co e Alla Ricerca di Nemo, fino alla vittoria dell’Oscar per la regia di Toy Story 3. Non è stato certo da meno alla guida di questa pellicola che si pone come uno dei migliori film di animazione degli ultimi anni.
Nonostante il pensiero corra naturalmente a Il Libro della Vita di J.R. Gutierrez (pellicola d’animazione del 2014 in cui il chitarrista Manolo Sanchez si ritrovava passeggiare nella terra dei morti per amore) e una prima visione del trailer riporti alla mente le ambientazioni dello stop-motion La Sposa Cadavere di Tim Burton o del Grim Fandango videoludico della LucasArts, qui gli intenti sono totalmente diversi. Dietro un coloratissimo e grottesco viaggio nell’aldilà infatti troviamo una storia di riscatto il cui scopo quello del farci guardare al passato (inteso come retaggio culturale ma anche familiare), di far riflettere su un presente le cui dinamiche sociali si riverberano in un oltretomba a immagine e somiglianza della terra dei vivi, ma anche di spingerci verso un futuro di auto-realizzazione che non sia imbrigliato dalla paura ma che anzi sappia farsi forte degli insegnamenti della vita.
L’ECCELLENZA TECNICA AL SERVIZIO DI CREATIVITÀ ED EMOZIONE
L’animazione digitale del film è pressoché perfetta, i colori vivaci e i dettagli del film talmente accurati da stabilire un nuovo primato in questo campo. Non è solo questione di originalità fornire un’ambientazione che abbia paradossalmente tutti i colori in natura, nonostante si racconti un luogo normalmente associato ad atmosfere cupe e grigie, ma si tratta del risultato del grande studio che, è evidente, il team creativo del film ha conseguito durante tutta la lavorazione della pellicola.
Non è la prima volta che la The Walt Disney Company si cimenta nello studio ravvicinato di culture diverse da quelle raccontate più di frequente: già lo scorso anno con Oceania aveva dimostrato come l’animazione possa coniugarsi con studi quasi antropologici portando alla creazione di un immaginario ben preciso di quella data civiltà. Con Coco però l’evoluzione in questo senso è ancora più chiara: tutto richiama la cultura messicana, dai colori, ai costumi, ai personaggi presenti sulla scena come Frida Kahlo, fino ad arrivare alla musica, totalmente ispirata alle note dei mariachi senza alcuna influenza di altro tipo. Senza dimenticare l’assoluto rispetto della tradizione del Dìa de los Muertos, vera e propria festa religiosa del popolo messicano, con la quale si ricordano i defunti con balli, sfilate, pranzi e cene in allegria, e soprattutto con l’allestimento di un altare dedicato alla memoria dei propri cari, condizione necessaria per permettere loro di continuare a vivere nel ricordo dei discendenti.
Inoltre Oceania, che comunque si dimostrò un lavoro fenomenale, trovava la sua forza tecnica nella realizzazione di alcuni elementi come l’acqua e i capelli della protagonista per i quali erano stati appositamente progettati nuovi software. Coco ha invece progettato un intero mondo, che, è vero, si inserisce in un lungo elenco di film che hanno rappresentato la terra dei morti, ma che è a suo modo del tutto nuovo e mai visto prima. Il luogo dove le anime dei morti giungono è così una metropoli in continua costruzione (giacché le persone muoiono tutti i giorni), regolata da uffici e ministeri, socialmente organizzata e diversificata, dove i più ricordati dai vivi sulla terra, come accade per Ernesto de la Cruz e Frida, vivono in lussuosi appartamenti, mentre quelli che stanno per essere dimenticati popolano le baraccopoli e sono vestiti di stracci.
La caratterizzazione dei personaggi non è da meno rispetto alla messa in scena: sono tutti importanti dal punto di vista narrativo, con caratteristiche proprie che li rendono unici e riconoscibili. Ognuno ha una fisicità precisa, ogni osso messo al punto giusto per fare in modo che i vestiti cadano sul loro corpo spoglio senza creare volumi che, essendo scheletri, fondamentalmente non hanno. E le espressioni dei visi sono studiati per raccontare ogni storia personale, donando loro nuova vita in grado di avvicinarsi al pubblico e emozionarlo.
Infine la sceneggiatura è ricca senza essere confusionaria e le tematiche sono ben più ampie rispetto a quello che i trailer finora rilasciati lasciano presagire. Coco è un film fantasioso e bellissimo, che coniuga alla perfezione il divertimento e le emozioni, i colpi di scena e la riflessione, lo stupore e la partecipazione affettiva. Un film che parla dell’amore profondo e incondizionato per la propria famiglia, dell’importanza della memoria e della celebrazione della vita. Qui, più di tutti gli altri film della Pixar, è evidente quanto il film sia stato dettato da necessità adulte e sentimenti maturi, perfettamente riadattati alle esigenze delle famiglie e alla fantasia del pubblico più piccolo. Fidatevi, qualunque sia la vostra età, non sarete risparmiati da una buona dose di sana commozione.
Coco sarà nelle sale italiane dal 28 dicembre su distribuzione The Walt Disney Company.