“È la stampa bellezza, la stampa. E tu non ci puoi far niente, niente”: la leggendaria battuta di Humphrey Bogart nell’opera di Richard Brooks del 1952 L’Ultima Minaccia sintetizza l’importanza del giornalismo nella cultura statunitense. Da Quarto Potere di Orson Welles a Tutti Gli Uomini del Presidente, il cinema americano ha sempre analizzato con grande attenzione il mondo della carta stampata (un esempio recente è Il Caso Spotlight, pellicola che due anni fa ha vinto l’Oscar come Miglior Film) e The Post, il nuovo film di Steven Spielberg in uscita nelle sale italiane il 1° febbraio, è un degno rappresentante di questo prestigioso filone.
LA STORIA VERA DEI PENTAGON PAPERS E IL RUOLO-CHIAVE DEL WASHINGTON POST
Inizio anni Settanta: il Washington Post, nonostante le grandi professionalità all’interno della redazione, non è un quotidiano rilevante a livello nazionale (come, ad esempio, il New York Times). Alla guida del giornale troviamo Katharine Graham (Meryl Streep), prima donna al comando del Post, mentre il direttore della testata è l’inflessibile Ben Bradlee (Tom Hanks). Nonostante i due siano molto diversi il loro rapporto professionale è sempre stato eccellente, ma una fuga di notizie epocale rischia di compromettere la loro carriera: il Post infatti ha in mano i documenti top-secret di uno studio sulla guerra del Vietnam che getta ombre inquietanti sull’operato del governo federale. La Graham si trova quindi di fronte ad un bivio: il destino del giornale e della libertà di stampa in America dipendono dalla sua decisione di pubblicare o meno lo scoop.
SPIELBERG METTE IN SCENA UN CAPITOLO IMPORTANTE DELL’INFORMAZIONE AMERICANA
Il regista di Cincinnati, dopo il non memorabile Il Grande Gigante Gentile, con il suo ultimo film torna alla ribalta giocando sul sicuro: prende infatti due attori iconici come Meryl Streep e Tom Hanks e racconta una nota vicenda del passato per sensibilizzare il grande pubblico sul ruolo primario che ricopre la stampa nella tutela dell’assetto democratico di uno Stato. Nell’era di Internet e delle fake news l’informazione è molto cambiata e Spielberg, con sguardo nostalgico, ci riporta ai tempi in cui i grandi giornali autorevoli non avevano paura di sfidare apertamente il potere, incarnato in quel periodo storico da un personaggio controverso come Richard Nixon. Per certi versi, i metodi non ortodossi di Nixon ricordano molto quelli di Donald Trump: The Post attacca infatti indirettamente (in maniera neanche troppo velata) l’attuale inquilino della Casa Bianca, la minaccia numero uno secondo Spielberg della libertà di stampa negli States. Ma il vero tema centrale della pellicola è un altro.
IL CORAGGIO DI UNA DONNA IN UN AMBIENTE DOMINATO DAGLI UOMINI
A rendere The Post un film interessante e ben riuscito è la rappresentazione di una figura femminile estremamente sfaccettata: la Katharine Graham interpretata da Meryl Streep (personaggio che regala alla grande attrice la sua ventunesima nomination agli Oscar, un record) non è un’eroina senza macchia e senza paura ma una donna che teme per le sorti del giornale di famiglia. Tuttavia la voglia di dimostrare il suo valore in un settore controllato dagli uomini e la consapevolezza di far parte di una battaglia in difesa di un principio cardine della democrazia le permetteranno di prendere una decisione che trasformerà il Washington Post in uno dei quotidiani americani più autorevoli.
Steven Spielberg confeziona un lavoro che a prima vista sembra avere un’impostazione molto classica ma, se analizziamo attentamente i movimenti di macchina e la gestione del ritmo, ha in realtà un taglio moderno che tiene incollato lo spettatore per tutta la durata di The Post, a dimostrazione della maestria di uno degli autori cinematografici più influenti degli ultimi quarant’anni.
Anche nella scelta degli attori il regista ha fatto centro: oltre a Meryl Streep e Tom Hanks (per la prima volta insieme in un lungometraggio), è importante sottolineare le prove del supporting cast. Da Bob Odenkirk a Matthew Rhys, passando per Alison Brie, Sarah Paulson, Carrie Coon e Jesse Plemons, il cineasta prende alcuni dei migliori interpreti del panorama televisivo e li dirige in maniera assolutamente impeccabile (da segnalare anche la presenza di Michael Stuhlbarg). Certo, The Post è pur sempre un film di Spielberg e, soprattutto nella parte finale, tende ad essere eccessivamente enfatico nelle scene madri però questa volta la scelta è funzionale a livello narrativo, considerando la natura quasi didattica dell’opera.
The Post è una pellicola concepita per essere universalmente apprezzata, è inutile negarlo: Steven Spielberg non si prende alcun rischio e, alla luce anche della nomination all’Oscar come Miglior Film, dimostra di aver avuto ancora una volta ragione. Il suo cinema sarà anche retorico e poco coraggioso ma è in grado di parlare a tutti e di trasmettere emozioni uniche. Solo i grandi maestri ci riescono.