Omicidio al Cairo, ultimo film di Tarik Saleh, regista e giornalista svedese di origini egiziane, è stato Presentato al Sundance Film Festival dove ha vinto il premio come miglior film straniero e prende spunto da un fatto di cronaca avvenuto nel 2008: l’omicidio di una cantante e il coinvolgimento di un parlamentare vicino all’ex presidente Hosni Mubarak.
Ambientato nel gennaio 2011, all’alba degli scontri di Piazza Tahrir che, sull’onda della cosiddetta Primavera Araba, portarono il popolo egiziano a compiere una rivolta contro i poteri forti e la corruzione, Omicidio al Cairo utilizza l’espediente di un efferato delitto per fare un’analisi politica e sociale del paese, oggi nuovamente in balia di un governo militare.
L’OMICIDIO DI UNA CANTANTE CAMBIERÀ LA VITA DI UN TRANQUILLO POLIZIOTTO
Noureddine (interpretato dall’attore libanese Fares Fares) è un comandante di polizia, rispettato ma profondamente corrotto. Accanito fumatore, intasca mazzette dai commercianti che protegge dai controlli fiscali da parte delle forze dell’ordine. Vedovo e senza figli Noureddine trascorre giorno e notte al distretto di polizia, con la sensazione che stia arrivando un evento che gli cambierà per sempre la vita.
Durante una delle notti in cui è in servizio il comandante è chiamato dalla direzione del Nile Hotel Hilton per un cruento omicidio, avvenuto in una delle lussuose stanze. Noureddine trova il corpo della cantante Lalena e una serie di indizi che conducono ad un potente industriale, membro del parlamento e amico del presidente. L’unica testimone è una cameriera sudanese, probabilmente un’immigrata clandestina e di conseguenza difficile da rintracciare.
GIUSTIZIA E LIBERTÀ: PAROLE CHE SEMBRANO NON AVERE UN SENSO ALL’OMBRA DEL REGIME DI MUBARAK
La polizia egiziana, guidata dalla sicurezza nazionale, spadroneggia senza ritegno, compiendo torture e omicidi, attuando un concetto di giustizia ad personam che sembra mirare ad un solo obiettivo: proteggere i potenti e insabbiare tutto ciò che può mettere a repentaglio il regime.
Colpito dalla brutalità dell’omicidio e dall’omertà che prevale sulla giustizia, il comandante decide di andare avanti per la sua strada, incontrando una serie di ostacoli e la doppia difficoltà, da un lato il voler affermare il senso di dovere andando contro i poteri forti, dall’altro un’intera nazione che inizia i suoi moti di protesta contro la polizia.
Imbrigliato in una strada che sembra essere senza uscita, Noureddine cercherà ad ogni costo di risolvere il caso, sullo sfondo di una piazza Tahrir sempre più vicina alla rivoluzione.
LUNGO LE STRADE DEL CAIRO SI SNODA UNA TRAMA BEN SCRITTA, MODERNA E ANTICONFORMISTA
Il regista Tarik Saleh confeziona un lungometraggio ben realizzato, che tocca il noir per affondare la lama nelle ferite più profonde della società egiziana, dove dilagano corruzione e malcostume. Il linguaggio utilizzato afferisce più alla letteratura che al cinema, scegliendo di non concentrarsi sull’assassinio quanto sulle conseguenze riguardo le persone che ruotano attorno alla vicenda. L’omicidio è solo l’espediente che serve al regista per costruire un’ottima sceneggiatura, capace di trattenere lo spettatore con il fiato sospeso fino all’ultima inquadratura e allo stesso tempo di mantenerlo lucido in un’aspra critica della condizione socio politica di un Egitto devastato dal regime di Mubarak.
Omicidio al Cairo è un film coraggioso, che senza retorica costruisce con il linguaggio della cronaca nera una più ampia visione, che abbraccia la politica e la società egiziana, toccando anche le più spinose questioni legate ai diritti umani e all’immigrazione clandestina.
Una storia che sentiamo molto vicina nelle cronache nazionali dopo l’assassinio di Giulio Regeni, il ricercatore universitario torturato e ucciso a Il Cairo nel 2016, rapito il 25 gennaio nel quinto anniversario delle proteste di Piazza Tahrir. Omicidio che ancora dopo anni risulta senza colpevoli né giustizia.