Arriva in home video, grazie a Midnight Factory, The Devil’s Candy, opera seconda del regista australiano Sean Byrne prodotta nel 2015 ma arrivata nelle sale italiane soltanto lo scorso anno. Sin dalla prima sequenza Byrne riesce a far immergere completamente lo spettatore nello spirito claustrofobico e inquietante della pellicola, qualità che aveva già dimostrato nel suo film d’esordio (The Loved Ones, uscito nel 2009); in The Devil’s Candy l’occhio dell’autore è più maturo e libero da tutti gli eccessi che hanno caratterizzato il suo primo lungometraggio, con il risultato di regalarci un horror moderno e intelligente.
UN PITTORE ENTRA IN CONTATTO CON UN’ENTITÀ DEMONIACA
Jesse (Ethan Embry), un artista appassionato di musica metal, si trasferisce con la sua famiglia in una nuova casa dove Ray Smile (un bravissimo Pruitt Taylor Vince) ha consumato l’omicidio dei genitori, spinto da una voce inquietante e profonda. Jesse, per mezzo del suo lavoro, entrerà in contatto con l’entità omicida: le vicende di Ray Smile si legheranno inevitabilmente a quelle della famiglia del pittore, in un crescendo di violenza e tensione.
UNA PELLICOLA HORROR CHE RILEGGE UN SOTTOGENERE
Nonostante lo script segua le dinamiche classiche che contraddistinguono i film sulle possessioni demoniache, Sean Byrne rielabora gli stilemi di questo filone horror attraverso la contaminazione di una gran varietà di sottogeneri rendendo The Devil’s Candy un lungometraggio difficilmente etichettabile, dove la tensione è magistralmente gestita e la violenza scenica non è mai banale né esagerata. Il lavoro del cineasta australiano è di pregevole fattura, una pellicola che fa della sua ispiratissima iconografia satanica (presente in tutte le scene) un punto di forza, accompagnata da una soundtrack heavy metal che comprende mostri sacri come i Ghost, i Metallica, gli Slayer e i Machine Head. Proprio la fusione fra l’immaginario satanico e il metal, associazione meschina che ha portato in passato anche a commettere gravi errori giudiziari (come nel caso dei Tre di West Memphis, portato sul grande schermo da Atom Egoyan nel suo Devil’s Knot del 2013), è la trovata più interessante del film, sia da un punto di vista visivo che sonoro. La Gibson Flying V rossa fiammante di Smile, suonata a volume altissimo durante le possessioni notturne, diventa un nuovo Pazuzu che rende l’opera immediatamente riconoscibile.
Uno dei meriti maggiori di The Devil’s Candy è nella sua capacità di suggerire gli avvenimenti senza scadere nella violenza gratuita ma limitandola in quei pochi frangenti dove è assolutamente necessario mostrare fino a che punto l’essere umano possa spingersi. Tutto ciò contribuisce a far diventare il sottotesto demoniaco un elemento che permea ogni secondo l’atmosfera della pellicola, non risultando mai pesante o banale. The Devil’s Candy è un prodotto innovativo e maturo: rappresenta infatti una vera e propria boccata d’ossigeno per un genere come l’horror che, in alcune occasioni, si adagia sugli stessi schemi narrativi e sugli stessi cliché riservando pochissime sorprese.