Nel 2013 Guillermo del Toro riprendeva il discorso iniziato con Cloverfield di Matt Reeves per riadattare i kaiju movie tipici della cultura giapponese a un contesto internazionale, battendo la strada alla proliferazione di un nuovo filone sui mostri giganti che poi ha portato al Godzilla di Gareth Edwards e al più recente Kong: Skull Island di Jordan Vogt-Roberts. Il primo Pacific Rim fu un progetto coraggioso portato avanti con la gioia infantile tipica del regista de La Forma dell’Acqua – sempre a suo agio fra i mostri di ogni genere e misura – ma che non trovò il giusto responso del box office (costato circa 200 milioni ne incassò “appena” 400), probabilmente a causa di una sceneggiatura – comunque buona – che spostava troppo il focus sulle interazioni umane piuttosto che su quelli che avrebbero dovuto essere i veri protagonisti della pellicola: mecha imponenti che si scontravano con kaiju ancora più grossi, possibilmente alla luce del sole.
Pacific Rim: La Rivolta (titolo originale Pacific Rim: Uprising), sequel del film di del Toro, riprende la narrazione 10 anni dopo gli eventi della prima pellicola, e vede il figlio ribelle di Stacker Pentecost, Jake (John Boyega), impegnato con l’addestramento e la formazione di una nuova generazione di piloti jaeger per fronteggiare una nuova minaccia kaiju. Visti i trascorsi televisivi dell’esordiente regista e sceneggiatore Steven S. DeKnight (showrunner della prima stagione di Daredevil e di Spartacus) sarebbe stato lecito aspettarsi una componente action decisamente più marcata, compensando con combattimenti fra mostri colossali una narrazione degli eventi che difficilmente sarebbe stata all’altezza di quella del regista de Il Labirinto del Fauno, ma purtroppo non è stato così.
Pacific Rim: La Rivolta presenta gli stessi problemi che avevano caratterizzato il lavoro di del Toro senza averne però i requisiti formali, virando con decisione sul genere young adult. In tal senso il casting è illuminante: John Boyega si ritrova in una parte ibridata fra quella che fu di Charlie Hunnam, svolgendo in tal senso un buon lavoro, e quella di un animale scenico come Idris Elba, e in questo caso il confronto è impietosamente a favore del protagonista di Luther. Scott Eastwood, dal canto suo, avrebbe forse bisogno di cimentarsi in un ruolo più serio per dar prova di sé e scrollarsi un nome pesante dalle spalle, mentre la giovane Caileee Spaeny è, senza mezzi termini, irritante. Nonostante la pellicola provi a ricalcare alcune delle scene più iconiche del film originale, come il drifiting o il combattimento fra i due protagonisti, il risultato è privo di forza, lontano da quell’ambiente marziale messo in scena dal regista messicano, e costantemente condito da una soverchiante dose di humor facilone che finisce presto per stancare. Ogni volta la che la scena si sposta dai mecha ai protagonisti umani, il film diventa noioso e prevedibile, ed è un peccato perché DeKnight dimostra di essere a suo agio fra le tonnellate di acciaio e materia organica.
La scelta di “alleggerire” gli jaeger (sono più snelli e acrobatici rispetto a quelli originali) si è rivelata vincente, così come quella di ambientare buona parte dei combattimenti alla luce del sole, dando modo allo spettatore di godersi a pieno le spettacolari sequenze di lotta, anche grazie a una buona CGI degli studi Double Negative, Atomic Fiction, Blind LTD e Territory Studio (supervisionati da Peter Chiang), giustificando così la necessità di una visione in sala, per passare poco meno di due ore di discreto intrattenimento.
Pacific Rim: La Rivolta sarà al cinema dal 22 marzo su distribuzione Universal.