È ormai un’abitudine consolidata, per non dire obbligatoria, quella di anticipare l’arrivo nelle sale di un film con un trailer cinematografico, la cui funzione è quella di offrire un assaggio della pellicola e riuscire a incuriosire lo spettatore, attirandolo al cinema. Nonostante tale pratica crei a volte delle false aspettative nel pubblico a causa dell’utilizzo di un tono troppo enfatico, il breve video promozionale tenta di ricreare le atmosfere e le dinamiche che si svilupperanno all’interno della pellicola.
Quando si guarda il trailer di Petit Paysan – Un eroe singolare, oltre che i possibili sviluppi della trama, si percepiscono due elementi: la presenza assidua di mucche, e la fissazione che l’allevatore protagonista prova nei confronti di queste.
La bella notizia è che basta il primo minuto della pellicola per confermare tali sospetti – il trailer ha quindi svolto il suo dovere – perché ci si ritrova immersi in un sogno del protagonista, che immagina di essere circondato da mucche che vivono dentro casa sua. Ma l’idea, seppur originale, può davvero essere coinvolgente per lo spettatore? La risposta è assolutamente sì.
Petit Paysan, presentato durante la Semaine de la Critique all’ultima edizione del Festival di Cannes, non solo ha conquistato 8 nominations ai Premi César (gli Oscar francesi), ma ne ha addirittura portati a casa tre, quello per miglior attore protagonista, miglior attrice non protagonista e per miglior opera prima del 2017. Un successo inaspettato ma del tutto meritato, perché l’esordio alla regia di Hubert Charuel porta sullo schermo una storia tanto reale quanto avvincente.
UN UOMO E LE SUE MUCCHE
Pierre (Swann Arlaud) è un allevatore di vacche da latte dedito e appassionato al suo lavoro. Ogni mattina si sveglia presto per la mungitura, si prende cura dei suoi animali e fa del suo meglio per mantenere alto lo standard di qualità del latte offerto dal suo bestiame. Il suo impegno però non è sufficiente per frenare la minaccia della EHD, la febbre emorragica epizootica che ha già colpito diversi allevamenti della Francia e del Belgio, costringendo l’Unione Europea ad adottare la misura drastica di abbattere tutto il bestiame non appena un solo animale manifesti i sintomi, per evitare che l’epidemia si espanda ulteriormente. La notizia trasforma la dedizione di Pierre in vera e propria ossessione, e quando una delle sue mucche inizia a perdere sangue, l’uomo fa di tutto per non cedere allo sconforto e nascondere la verità alle autorità. Non importa se i tentativi disperati per evitare di perdere il lavoro compromettono il rapporto con i famigliari e gli amici, perché l’uomo deve fare tutto il possibile per salvare quello che non è un semplice allevamento, ma la sua intera vita.
L’OMAGGIO DI UN REGISTA ALL’ATTIVITÀ DI FAMIGLIA
Viene spontaneo chiedersi da dove sia venuta a Hubert Charuel l’idea per la storia di Petit Paysan, e la risposta è molto semplice. I genitori erano allevatori e quando era piccolo avevano sofferto molto per la minaccia della sindrome della ‘mucca pazza’. Così, una volta cresciuto e deciso a non voler continuare con l’attività di famiglia, il regista francese ha deciso di rendere omaggio con la sua opera prima a quella vita che avrebbe potuto avere se non si fosse dedicato al cinema. Nel fare questo è riuscito a confezionare una pellicola di forte impatto, evitando di romanzare la vicenda e di cadere in moralismi, rischio non così facile da evitare se si considera il legame personale del cineasta con il mondo raccontato (tanto che le riprese si sono svolte nell’azienda agricola di famiglia e i suoi genitori e il nonno compaiono all’interno del film).
Inoltre, quella che in superficie può sembrare la storia di un uomo e la sua passione per il lavoro, nasconde moltissime sfumature: per la prima volta si esplora a fondo la realtà agricola, con i sacrifici di un lavoro che richiede attenzione 24 ore su 24 tutti i giorni della settimana, e le criticità legate alle diverse normative provenienti dall’alto che infrangono la “magia” del contatto con la terra e con gli animali, con la paura che da un momento all’altro tutto possa scomparire. Ed è questo elemento di realtà che colpisce da subito il pubblico e crea un aggancio emotivo con il protagonista, tanto che la corsa contro il tempo che si trova a vivere Pierre coinvolge chi guarda e lascia più di una volta con il fiato sospeso, mescolando sapientemente il genere drammatico con punte di thriller avvincente, e introducendo anche delle riprese tipiche del linguaggio documentaristico.
La bravura del protagonista Swann Arlaud (che per prepararsi al ruolo ha vissuto per tre settimane affiancato da veri allevatori per imparare i trucchi del mestiere) è solo la ciliegina sulla torta che rende Petit Paysan – Un eroe singolare non solo un film coinvolgente sin dal primo minuto, ma anche una piccola gemma del cinema francese da non perdere grazie alla sua capacità di raccontare ed emozionare una storia amara, come solo la realtà sa essere.
Petit Paysan – Un eroe singolare sarà in sala dal 22 marzo su distribuzione NoMad Entertainment.