Agatha Christie incontra l’humor spagnolo, e il risultato è La notte che mia madre ammazzò mio padre: una black comedy whodunit strutturata come i romanzi della scrittrice britannica; un giallo deduttivo o ad enigma imperniato su un delitto compiuto in uno spazio delimitato e chiuso, con un colpevole da ricercare in una stretta cerchia di sospettati. In breve, una pellicola deliziosa che, dopo la distribuzione in sala con EXIT Media, arriva ora in home video con CG Entertainment.
La regia pulita e lineare di Inés París firma una commedia nera con al centro figure chiave del processo produttivo cinematografico: Isabel (Belén Rueda) è un’attrice in cerca di una parte importante ed è sposata con Ángel (Eduard Fernández), scrittore di romanzi noir riciclatosi sceneggiatore; Susana (MarÍa Pujalte), invece, oltre ad essere la ex moglie di Ángel è anche una regista e Diego Peretti (che interpreta se stesso) è un famoso attore e produttore.
La trama prende avvio dalla decisione di Ángel e Susana di organizzare una cena di lavoro per convincere Diego ad essere il protagonista del loro film. Isabel intravede la possibilità di interpretare la coprotagonista del film, e si offre di organizzare l’incontro in casa propria, meditando di creare particolari situazioni per mostrare il proprio talento, non riconosciuto né dal marito né dalla sua ex moglie. Durante la cena, però, irrompe Carlos (Fele MartÍnez), l’ex marito di Isabel, con una nuova fidanzata, Álex (Patricia Montero). Il loro arrivo sconvolge l’intera serata, avviando un climax di eventi a metà tra il comico e il drammatico e un’escalation di incomprensioni.
La notte che mia madre ammazzò mio padre non è soltanto una black comedy, ma presenta alcuni elementi che lo avvicinano al discorso metacinematografico: i personaggi appartengono al mondo del cinema, filo conduttore del film è la messa in scena di una complessa rappresentazione e le situazioni sono esplicitamente esagerate dai personaggi stessi per aderire alle imprese dei paladini di libri e lungometraggi noir. Gli elementi narrativi del giallo vengono collegati alla dimensione cinematografica: i moventi sono riconoscimenti mancati, la situazione di partenza è legata al casting, e i protagonisti si esaltano sentendosi gli eroi di una pellicola. Tutto quello che sembra è rovesciato: in linea con questa filosofia anche il finale, credibile e significativo, che riprende il tema centrale della dicotomia tra realtà e finzione.
La notte che mia madre ammazzò mio padre poteva facilmente scendere al livello di commedia commerciale zeppa di ironia e humor scontati, e invece si rivela un mix perfettamente equilibrato di comicità ed elementi noir. Nessuno dei due generi scompare dietro all’altro, e nonostante siano quasi agli antipodi essi vengono brillantemente amalgamati, un risultato di tutto rispetto: difficile strappare agli spettatori una risata davanti a un morto, miracolo che il film riesce a produrre grazie a una sapiente costruzione della scena e a un’ottima interpretazione di tutti gli attori. Questi si mostrano spontanei anche nelle situazioni più caricaturali, ma non tanto da far perdere la comicità delle loro reazioni. Il disvelamento del responsabile del delitto avviene a metà del film, ma la suspense comunque non decade: viene immediatamente introdotto un altro elemento che cambia solo la direzione dell’attesa, e mantiene alta la tensione. Il supporto di una serie di altri avvenimenti, inoltre, rende impossibile annoiarsi, complice la totale assenza di elementi ripetitivi, il ritmo sostenuto ma non frettoloso, e un mix di comicità semplice – resa tuttavia in modo originale – e humor raffinato che regalano allo spettatore 93 minuti di divertimento.