Non tutte le tragedie hanno lo stesso peso. Almeno non agli occhi della storia. Alcune delle pagine più tristi del nostro passato, infatti, vengono colpevolmente insabbiate o dimenticate, e il pericolo più grave implicito nell’oblio è proprio che certi eventi terribili si ripetano, come se da quel che è stato non si potesse imparare nulla.
È proprio da una premessa analoga che parte il debutto al lungometraggio di finzione di Valentina Pedicini, che ora arriva in home video CG Entertainment dopo il debutto alle 14. Giornate degli Autori a Venezia e la distribuzione in sala a opera di Fandango.
Il soggetto di Dove Cadono Le Ombre, questo il titolo del film, prende ispirazione dai libri di Mariella Mehr che raccontano la storia vera della persecuzione razziale attuata dall’associazione svizzera Pro Juventute ai danni di oltre 700 bambini di etnia Jenitsch (la terza più grande popolazione nomade europea dopo i Rom e i Sinti). L’agghiacciante ‘piccolo genocidio svizzero’, protrattosi per circa cinquant’anni e diventato di pubblico dominio solo nel 1987, aveva lo scopo di sopire ogni istinto di nomadismo dei piccoli ‘zingari bianchi’ sottratti alle proprie famiglie e di trasformarli in perfetti cittadini svizzeri.
Nel far riaffiorare sul grande schermo questo momento terribile della storia recente, la Pedicini si concentra sul personaggio di Anna (Federica Rosellini), che, dopo esser stata sottoposta a trattamenti eugenetici da bambina, continua a vivere nell’istituto in cui ha conosciuto l’orrore, come fosse una sabbia mobile dalla quale non è in grado di liberarsi. Lì si prende cura degli anziani e degli infermi che vi alloggiano, finché un giorno non arriva come ospite nella struttura l’anziana Gertrud (Anna Cotta), l’aguzzina verso la quale aveva sviluppato un malato legame quasi familiare, una complessa commistione di affetto e paura.
La messinscena della Pedicini è straordinariamente rigorosa, e non mancano momenti di grande forza iconografica (l’immagine della dottoressa che sommerge le bambine in una vasca di ghiaccio è tanto iconica quanto raggelante), mentre le interpretazioni del cast sono di matrice inequivocabilmente teatrale – con Anna Cotta che, forte di grande talento e mestiere, ruba la scena ad ogni sua apparizione.
Gli interni di quella struttura grigia e ostile assumono connotati quasi spettrali nella fotografia di Vladan Radovic e, se pensiamo che la Mehr parlava di quei luoghi come di un «inferno di ghiaccio», non possiamo che riconoscere alla regista la grande capacità di aver saputo perfettamente ricostruire l’atmosfera dei libri dai quali è partita.
L’interpretazione della Rosellini, che nel corso dei mesi è stat insignita di numerosi premi, potrebbe scontentare chi si aspettasse un linguaggio recitativo più puramente cinematografico, alcuni passaggi potrebbero sembrare eccessivamente ‘costruiti’ e innaturali e l’estrema rarefazione del commento musicale di Paolini e Grosso non va certo nella direzione di un ammiccamento al pubblico, eppure la forza che più di ogni altra muove questo lavoro perfettibile ma assolutamente interessante è proprio la terribile storia che la Pedicini ha il grande merito di aver contribuito a riportare alla luce. Una storia vera che vale la pena di riscoprire anche in home video.