La promettente regista di Selma-La Strada per la Libertà, film sulla prima marcia per diritti civili degli afroamericani negli USA, che ha conquistato pubblico e critica nel 2014, si cimenta nel suo primo blockbuster diventando la prima donna a gestire un budget da capogiro (103 milioni di dollari).
Nelle Pieghe del Tempo arriva sul grande schermo dopo più di cinquant’anni dalla pubblicazione del 1962, costata a Madeline L’Engle una grande fatica dopo i rifiuti raccolti da innumerevoli case editrici. Romanzo di formazione, ma dall’impronta fantascientifica
A Wrinkle in Time vinse premi letterari di prestigio e la scrittrice divenne un’icona per molte ragazze, che videro nella sua opera fantasy un modo per sconfiggere i pregiudizi ed accettarsi senza compromessi. Un romanzo rivoluzionario nei primi anni sessanta, dove il racconto di sé si unisce alla scienza e contemporaneamente alla fantasia.
Un progetto estremamente impegnativo per la DuVernay, che consegna al pubblico un polpettone fantasy, incapace di emozionare persino quel pubblico di preadolescenti cui è destinato, perdendosi in trucco e lustrini. Un film incapace di entrare nel profondo della protagonista, personaggio complesso, ridotto ad una ragazzina insicura ed emotivamente instabile, complice anche la recitazione amorfa di Storm Reid.
Scienza e fantasia per superare gli ostacoli dell’adolescenza
La storia si snoda intorno al personaggio di Meg Murry (Storm Reid), un’adolescente magrolina e impacciata, presa in giro dalle compagne di scuola per il suo carattere schivo e il suo abbigliamento poco ricercato. Meg soffre molto per la scomparsa del padre Alex (Chris Pine), un docente di astrofisica impegnato nella ricerca di un elemento chiamato “Tesseract”, capace di creare delle pieghe nel tempo e aprire una porta dimensionale.
Disperso da quattro anni Alex ha lasciato all’improvviso la moglie Kate (Gugu Mbatha-Raw), anch’essa affermata scienziata e il fratello di Meg, Charles Wallace (Deric McCabe) un bambino prodigio di sei anni. Una famiglia particolare quella di Meg, mentalmente aperta e libera dalle convenzioni ma questo contribuisce ad una ancora più serrata chiusura in se stessa della ragazza, che non riesce a trovare una guida in nessun altro che non sia il padre.
Tre misteriose entità condurranno Meg tra le pieghe del tempo
Dopo una giornata scolastica negativa il fratellino conduce Meg e il suo amico Calvin (Levi Miller) da tre bizzarre signore, sopraggiunte nel loro giardino.
Sono la signora Cosè (Reese Witherspoon), la signora Quale (Oprah Winfrey) e la signora Chi (Mindy Kaling) arrivate dalla quinta dimensione per aiutare la famiglia Murry a ritrovare Alex.
Insieme a Charles Wallas e Calvin, Meg si immergerà nelle pieghe del tempo dove dovrà impegnarsi contro una forza negativa, salvare il padre e riportare tutti nella corretta dimensione.
La talentuosa Ava DuVernay (prima regista afroamericana ad essere candidata per un Golden Globe) ha rifiutato la regia di Black Panther a favore di Nelle Pieghe del Tempo, ma probabilmente non era ancora pronta per un tale cambiamento e il passaggio dalla direzione di film d’autore a una mega produzione Disney è stato troppo repentino, contribuendo ad un risultato finale poco interessante, anche se il responso al botteghino USA sembra essere parzialmente positivo. Riluttante a dirigere il prossimo film della Star Wars Saga (sempre Disney) la rivedremo in un altro progetto ambizioso, le ultime notizie la confermano alla regia dell’adattamento del fumetto sui New Gods, della DC Comics (Warner).
Caotico e poco credibile Nelle Pieghe del Tempo delude le aspettative
Nelle Pieghe del Tempo è un tale caos di colori, forme e dimensioni che si fatica a mantenere costante il contatto visivo, così come l’attenzione per una storia artificiosa che stenta a decollare. Certamente la sceneggiatura di Jennifer Lee, arrivata direttamente da Frozen, non aiuta la regista, che non riesce ad approcciarsi correttamente al genere science fiction proprio del libro, mescolando il linguaggio dei cartoni animati con quello dei vecchi film per famiglie della Disney.
I personaggi rimangono statici e poco incisivi, quella che dovrebbe essere la protagonista manca totalmente di espressività non riuscendo a suscitare nessuna forma di empatia con il pubblico di riferimento, bambino o adulto che sia. La caratterizzazione dei personaggi è minima se non addirittura sbagliata, sul fratello di Meg, Charles Wallace, si scaricano troppe tensioni narrative e da strampalato genietto che dovrebbe essere, diventa un irritante bambino saccente.
La brava Gugu Mbata-Raw, amata dal pubblico per la sua interpretazione in San Junipero (episodio cult della serie Netlfix Black Mirror) è relegata nel piccolo ruolo della madre Kate, talmente indefinito che quasi non la si percepisce come parte attiva del lungometraggio.
Stesso discorso vale per il Medium Felice, interpretato da Zach Galifianakis, anch’egli relegato in un ruolo di terz’ordine da una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti.
Le tre signore del tempo non sono adeguatamente caratterizzate, dovrebbero generare stupore e meraviglia, essendo delle entità misteriose e trascendentali, invece tutta la filosofia viene meno in favore di costumi sfavillanti ed un esagerato trucco carnevalesco.
Come si può ben comprendere Nelle Pieghe del Tempo non è un romanzo lineare e contiene molti messaggi, più o meno evidenti, sulla natura, la scienza e il comportamento umano. Elementi che se ben congeniati avrebbero potuto essere d’aiuto alla DuVernay che invece, insieme alla produzione, ha preferito dare un’interpretazione indefinita, caotica come il risultato finale. Si può certamente premiare la determinazione nel voler costruire un’identità più moderna rispetto al romanzo, con un’eroina adolescente afroamericana, un fratello adottivo e una famiglia non convenzionale, elementi che di rado si trovano in produzioni dal budget così alto, ma tutti i buoni propositi vengono meno a fronte di un lungometraggio che non premia le emozioni.