Pochi registi sono dotati della capacità di attraversare i generi come Steven Spielberg, e infatti il cineasta statunitense, a pochi mesi dall’uscita in sala di una pellicola d’inchiesta come The Post (candidata all’Oscar per il Miglior Film), vira verso l’avventura fantascientifica con Ready Player One, dove continua il discorso di denuncia verso i poteri forti spostando però il focus su una multinazionale che sembra avere in pugno le sorti di una società allo sbando.
Ready Player One, che sarà nei nostri cinema da 28 marzo con Warner Bros, è l’adattamento cinematografico del best-seller di Ernest Cline uscito nel 2010 e divenuto presto un cult transgenerazionale, grazie ai numerosissimi riferimenti alla cultura pop che ne impuntiscono le pagine.
Scritto dallo stesso Cline e da Zak Penn (X Men- Conflitto Finale), il film è ambientato in un 2045 particolarmente pessimistico ma plausibile, dove regna la tecnocrazia e gli uomini sembrano essere rifugiati, ammassati su moderne palafitte costruite sulle macerie di acciaio e plastica, retaggi del recente passato che ha inquinato il pianeta.
La realtà virtuale come fuga da un mondo misero e decadente
Gli abitanti di questo mondo ostile si rifugiano in un mondo di realtà virtuale immersiva chiamato OASIS: una piattaforma altamente evoluta popolata da avatar umanoidi, creata anni prima da James Halliday (il premio Oscar Mark Rylance), un geek geniale cresciuto negli anni ’80 e venerato dai suoi utenti, che rappresentano quasi la totalità della popolazione.
Su OASIS il confine tra virtuale e reale è molto labile: si può interagire con chiunque, essere qualsiasi cosa si desideri e provare sensazioni realistiche, ma tutto ciò ha un prezzo e la IOI (Innovative Online Industries) gestisce gli strumenti necessari per accedere al gioco e l’enorme traffico monetario che OASIS genera ogni giorno.
Quella di OASIS è infatti un’economia parallela capace di mandare in fallimento intere famiglie, la cui esistenza già infelice sembra avere un senso soltanto in quel mondo immaginario creato da Halliday.
Wade Watts, un eroe metropolitano
Wade Watts (Tye Sheridan) è un giovane utente di OASIS, che abita nei sobborghi di Columbus, Ohio e trascorre più tempo nel mondo virtuale – nei panni del suo avatar Parzival – che in quello reale.
L’ormai defunto James Halliday, non avendo eredi, ha deciso di predisporre una gara all’interno di OASIS al fine di individuare un erede spirituale cui lasciare la propria fortuna e il controllo della sua creazione.
L’abile e scaltro Parzival/Wade decide ovviamente di partecipare, insieme al suo migliore amico Aech, alle tre prove che condurranno alla scoperta di un easter egg, un oggetto ben nascosto dal creatore del gioco che solo il più abile degli utenti potrà scovare, comprendendo così la vita e le azioni di Halliday per gestire nel migliore dei modi il mondo virtuale.
Dopo aver vinto la prima sfida Parzival/Wade e i suoi amici, “Gli Altissimi Cinque” ( Aech, Art3mis, Daito e Sho), si uniranno per vincere le prove ma anche sconfiggere la IOI guidata da Nolan Sorrento (Ben Mendelsohn), intenzionato a trovare l’easter egg con tutti i mezzi possibili al fine di prendere il controllo di OASIS. Spinto dalla volontà di cercare la vera Art3mis/Samantha (Olivia Cook), Wade comprenderà i limiti di OASIS e il bisogno di stabilire un contatto umano, nel mondo reale.
Come nei livelli di un gioco ogni passo porterà ad una nuova scoperta, e così se nel mondo virtuale si sceglieranno le strategie per vincere le prove e combattere la IOI, nel mondo reale Wade stabilirà dei legami con gli altri componenti del gruppo, dimostrando che anche quando il mondo sembra estinguersi è l’umanità ad infondere speranza.
Un gioco nel gioco abilmente diretto da uno Spielberg al suo meglio
Steven Spielberg in Ready Player One omaggia tecnologie e linguaggi, tecnica registica e arte contemporanea, storia e fantascienza, dirigendo un film che attraversa i confini della cinematografia e si colloca in uno spazio difficilmente identificabile.
Sempre sospeso tra reale e virtuale, Spielberg invita lo spettatore ad identificarsi nel gioco per cercare gli indizi della cultura pop che ha disseminato nel lungometraggio, e nel farlo porta il pubblico a riflettere sul proprio legame con quell’iperuranio giocoso, dimostrando però anche la grande consapevolezza dell’impatto che la sua stessa filmografia ha avuto sull’immaginario collettivo.
Senza risultare mai autoreferenziale, il regista arriva infatti a costruire una meta-narrazione su quanto l’apparentemente superficiale ‘industria dell’intrattenimento’ possa disseminare le nostre esistenze di miti moderni, che diventano un modo per la collettività per processare se stessa e al contempo contribuiscono a portare un po’ di magia anche nell’esistenza di chi dovrebbe altrimenti arrendersi al grigiore della routine.
Nel farlo arricchisce ovviamente quello che avrebbe potuto essere un semplice film di avventura fantascientifica di una pluralità di livelli di lettura, sostituendo così all’arido citazionismo un bilancio sul mestiere del ‘creatore di mondi’ che è il vero valore aggiunto dell’opera.
Retromania, fantascienza e critica sociale si combinano con grande naturalezza
Canzoni, film, band di culto, abbigliamento dei protagonisti, location e videogames, tutto in Ready Player One è studiato con una precisione di dettagli tale da poter eseguire facilmente il passaggio da un mondo all’altro senza creare troppe linee di demarcazione, che altrimenti potrebbero disorientare lo spettatore.
Nei primi minuti di proiezione non è facile comprendere immediatamente OASIS e le complesse regole del gioco, ma i riferimenti al mondo degli anni ’80 – il periodo più felice della vita del creatore Halliday – e la grandissima esperienza e cultura di Spielberg fanno sì che Ready Player One si riveli una storia del tutto al di fuori del comune. Quello ispirato al romanzo di Cline è infatti un film che non si limita a raccontare un mondo virtuale in un futuro impietoso per l’umanità, ma si sofferma sulle contraddizioni della società, dove il business non è sempre alla luce del sole e in alcune fasce d’età la perdita del contatto con la realtà a favore di una vita “social” è sempre più frequente.
In aggiunta al discorso antropologico, politico e sociale, Spielberg non manca di sottolineare ancora una volta come l’amicizia sia un valore che va coltivato con dedizione, e che rispetto reciproco e coesione sono fondamentali per raggiungere un obiettivo comune. Una tematica comune a molti dei suoi film e che insieme ad altri topoi come l’amore, la ribellione e l’avventura, contribuisce a rendere Ready Player One un cult ancora prima di uscire in sala.