Facciamo un passo indietro e andiamo esattamente al 2014, quando Paolo Sorrentino vinse l’Oscar come Miglior Film Straniero con La Grande Bellezza: forse non tutti ricorderanno che quell’anno era candidato nella stessa categoria Alabama Monroe – Una Storia d’Amore. Il film italiano si aggiudicò (meritatamente) l’ambita statuetta ma la pellicola di Felix Van Groeningen ricordò a tutti il grande valore del cinema belga (è un vero peccato che quest’opera non abbia avuto la distribuzione che avrebbe meritato).
Il Belgio è un paese che ha sfornato lavori di tutto rispetto, originali, coraggiosi, quasi mai banali e scontati: la piattaforma streaming Festival Scope offre ora la possibilità di recuperare gratuitamente il meglio della sua produzione francofona con la prima edizione del Festival Of French-Speaking Belgian Cinema (Festival del Cinema Francofono Belga). Tra i titoli presenti con i sottotitoli italiani troviamo il film Iceberg del 2005, diretto da Fiona Gordon, Dominique Abel e Bruno Romy (i primi due sono anche sceneggiatori e attori protagonisti dell’opera).
I tre registi mettono in scena la storia di Fiona e Julien, moglie e marito con due figli (un maschietto e una femminuccia). Una storia con uno spazio temporale ben limitato ma che per i primi venti minuti ci trascina nelle sue dinamiche interne con la sola descrizione per immagini, senza neanche un dialogo. Durante le primissime sequenze in effetti si rimane abbastanza spiazzati, poi le capacità dei registi e degli attori producono un effetto calamita che diventerà una parte imprescindibile del film (scelta stilistica molto intrigante). Quella di Fiona e Julien è una famiglia sostanzialmente anonima, che vive in una casa anonima, in un quartiere anonimo e con relazioni interpersonali anonime nel migliore dei casi (se non proprio inesistenti). Lei dirige un fast food e quando una notte rimane chiusa, a causa di uno strano e comico incidente, nella cella frigorifero del locale, verrà liberata la mattina successiva dalle sue dipendenti senza subire conseguenze ma, tornando a casa, si accorgerà che sia il marito che i figli non si erano neanche accorti della sua assenza, continuando tranquillamente la loro vita anonima e meccanica. La disavventura nella cella frigorifero fa però scattare in Fiona una strana attrazione verso il freddo. L’associazione di idee del freezer più caldo rispetto all’assoluta assenza di calore familiare è fin troppo facile, fatto sta che la donna decide di mettersi in viaggio alla ricerca di un vero iceberg. Si farà aiutare da René (Philippe Martz), un uomo diventato sordomuto dopo una tragedia familiare con il quale solcherà gli oceani a bordo di una barchetta a vela monoposto dal nome eloquente, Titanique.
Iceberg è un film ben girato e ben interpretato ma i suoi punti di forza sono la sceneggiatura che, pur procedendo quasi per “quadri” successivi (in questo senso ricorda un po’ Un Piccione Seduto Su Un Ramo Riflette Sull’Esistenza, Leone d’Oro a Venezia nel 2014), scorre senza intoppi, soprattutto grazie all’interpretazione di Fiona Gordon. L’attrice-regista controlla ogni singolo muscolo del proprio fisico e la sua performance cinematografica è visibilmente (e piacevolmente) contaminata dal teatro e dall’arte mimica (l’utilizzo del corpo che si muove nello spazio è fondamentale in questo lungometraggio); la regia le mette a disposizione un format tecnico e creativo su misura che la esalta.
Apprezzabili infine sono anche la fotografia e la scenografia che permettono allo spettatore più attento di ammirare scene ambientate in mare aperto (ma ricostruite in studio), un vago rimando ai pionieri della settima arte e al cinema muto.