Ogni volta che viene annunciata una commedia italiana la cui tematica in qualche modo sfiori la sfera religiosa, bisogna aver doppiamente paura: sia perché la proliferazione incontrollata di commedie nostrane si accompagna a un bassissimo livello qualitativo, sia perché, nel caso di certe tematiche, la retorica nazionalpopolare e l’autocensura finiscono sempre per soffocare ogni spunto – anche quelli sulla carta più promettenti. Fortunatamente non è assolutamente questo il caso di Io C’è, la pellicola distribuita a partire dal 29 marzo da Vision Distribution e che segna il ritorno di Alessandro Aronadio, autore e regista già distintosi con l’intelligentissimo Orecchie.
Aronadio, che per lo script torna a collaborare con Valerio Cilio ma viene affiancato anche da Edoardo Leo e Renato Sannio (con cui aveva già condiviso la writers’ room per Che Vuoi Che Sia), come molti suoi colleghi decide di trattare il tema – ormai inflazionato – della crisi economica, con un furbo ammiccamento sull’ingiustizia sociale, ma nel farlo riesce a tirar fuori un lavoro straordinariamente equilibrato e mai stucchevole, che in un diluvio di risate offre uno sguardo lucido, arguto e anche amaro tanto sulla contemporaneità quanto su temi più universali.
Massimo (Edoardo Leo) ha ereditato dal padre un B&B che, a causa della pesantissima pressione fiscale e della scarsa affluenza di clienti, anziché essere una fonte di reddito è un onere ormai ingestibile. Quando, pressato dalla famiglia della sorella Adriana (Margherita Buy), sta per rassegnarsi all’idea di vendere l’attività, ha però l’illuminazione, e decide di replicare il modello di business di una forestieria cattolica gestita da suore, che ogni giorno accolgono decine di turisti senza avere alcun onere fiscale. Per trasformare il proprio bed and breakfast in un luogo di culto, Massimo chiede quindi aiuto a un suo amico intellettuale (Giuseppe Battiston) e inventa una nuova sgangherata religione – una sorta di ‘best of’ di altri culti. Quando questo stratagemma per far soldi inizierà ad esser preso sul serio da un numero crescente di fedeli, Massimo inizierà però a comprendere quali pieghe paradossali potrà prendere la sua nuova vita.
In Io C’è si ride, e anche tanto. In particolar modo il pubblico che non si riconosce troppo nettamente nei precetti di una religione, apprezzerà la dissacrante ironia dal sapore antropologico con cui Aronadio sottolinea l’eccentrica arbitrarietà con la quale le grandi religioni monoteiste prescrivono precetti, riti e divieti ai propri credenti. Se infatti la storia rimane costantemente vincolata alle sorti del protagonista, seguendone la rinascita economica e umana con quella chiave da ‘going into business movie‘ che ha fatto il successo di tanti titoli, il ragionamento sul bisogno umano di trovare conforto anche nella più truffaldina o inaffidabile delle religioni non passa mai in secondo piano, e anzi finisce per essere il focus principale della pellicola. Quand’anche infatti sembra che l’inserimento di un interesse amoroso (Giulia Michelini) per il protagonista voglia riportare il film su binari già visti, una scrittura sempre attenta riesce invece a sfruttare una grande opportunità narrativa per sviscerare la tematica religiosa da un punto di vista più agrodolce, fino a un finale apprezzabilissimo e decisamente inusuale, se paragonato alla pigrizia di un certo cinema italiano.
La regia di Aronadio è ricca di idee e mai noiosa, e la scelta di casting del tandem Leo e Battiston si rivela molto più azzeccata di quanto non potrebbe sembrare prima della visione. Per il suo coraggio nell’infrangere ogni tabù sulla religiosità, per l’esilarante susseguirsi di momenti surreali e per la sua capacità non mantenere sempre il discorso filmico su un piano relativamente ambizioso, Io C’è ha tutte le carte per diventare un piccolo cult, e se fosse uscito su un mercato più sano (come ad esempio quello francese), ora staremmo probabilmente parlando di un caso cinematografico e di un record d’incassi. In Italia invece rischia di passare per una delle mille commedie sfornate con lo stampino, motivo per cui insistiamo nel consigliarvi di andare in sala a recuperarla il prima possibile. Al suo terzo film da regista, Aronadio continua a non sbagliare un colpo, e probabilmente ora è – per tutti – il caso di cominciare a prendere molto sul serio quello che promette di essere uno dei più interessanti autori della nuova commedia italiana.