Andy Nyman e Jeremy Dyson portano sul grande schermo il loro spettacolo teatrale Ghost Stories, mantenendone atmosfere, costruzione e titolo, e il risultato – che potrete vedere nelle nostre sale dal 19 aprile grazie a Adler Entertainment – è un lavoro impeccabile ed evocativo; senza dubbio uno dei più interessanti horror britannici da tanto tempo a questa parte.
Ghost Stories, presentato in anteprima nazionale al Lucca Film Festival e Europa Cinema 2018 alla presenza di Martin Freeman (che per l’occasione è stato anche insignito del premio alla carriera), non ha alcuna intenzione di avere un approccio dirompente al genere, ma anzi fa dell’omaggio, di un elegantissimo classicismo e del citazionismo i suoi punti di forza. In una mise en abîme che conferisce integrità alla sceneggiatura, la pellicola propone una struttura a episodi ‘aperti’ che ricorre a tropi ben consolidati del cinema di paura.
Il Professor Goodman (lo stesso Andy Nyman) ha dedicato la propria vita a smascherare truffe paranormali di ogni sorta, ma quando gli verranno sottoposti tre casi soprannaturali apparentemente inspiegabili con la ragione, dovrà affrontare un percorso che minerà ogni sua certezza.
Sono ovviamente quelle tre storie, solo apparentemente piuttosto inconcludenti, il vero cuore della pellicola, ed è proprio con esse che Nyman e Dyson si divertono a rileggere i paradigmi del cinema di paura, affastellando ma giustapponendo una gran copia di idee tipiche delle più classiche storie di fantasmi (e non solo). Rievocate al protagonista dalla voce diretta dei protagonisti (e poi messe in scena con dei flashback), le storie vedono Paul Whitehouse (Morto Stalin Se Ne Fa Un Altro) nei panni di una guardia notturna che entra in contatto con il fantasma di una bambina, il bravissimo Alex Lawther (The End of the F***ing World, Black Mirror – Shut Up and Dance) in quelli di un adolescente che incontra una misteriosa creatura in un bosco e il sempre solidissimo Martin Freeman (Sherlock, Lo Hobbit, Black Panther) nelle vesti di un insopportabile imprenditore entrato in contatto con l’ombra di qualcuno a lui molto caro. Attraverso questo percorso a tappe – che nel finale troverà una sintesi non originalissima ma decisamente gratificante – i registi e sceneggiatori non solo si produrranno in un elegantissimo esercizio di stile, ma dimostreranno un incredibile talento nella costruzione filmica, alternando una magistrale costruzione della tensione con jump scares sempre piuttosto efficaci e linee ironiche tese a creare un ritmo che regga fino alla fine del metraggio.
Andy Nyman e Jeremy Dyson dispongono dello spettatore come meglio credono, e a secondo di quel che richiede la storia in un dato momento, riescono tanto a cementare il patto d’incredulità attraverso l’espediente di un protagonista scettico, quanto a far leva proprio su una prospettiva meccanicistica quando invece il pubblico potrebbe aspettarsi risvolti metafisici.
Molto più semplicemente, Ghost Stories riesce ad essere un thriller soprannaturale che si muove con grande maestria nel territorio dei migliori horror, e che facendolo riesce a garantire quasi due ore di intrattenimenti di alta qualità. Una pellicola che ci sentiamo di suggerire a tutti (non solo agli appassionati dei racconti di paura); un’opera che non ha ambizioni smisurate e che non propone alcuna novità trascendentale, ma che sa fare proprio di questo la sua forza.