Alla luce delle tecniche e tecnologie che da un anno all’altro fanno passi da gigante anche nel cinema, un film che compie diciotto anni sarebbe “anagraficamente” sorpassato. Ma l’arte – la settima – è bella anche per questo, perché può dare vita illimitata a lavori del passato. È il caso di Alta Fedeltà, la pellicola del 2000 di Stephen Frears che conserva tutta la sua freschezza narrativa e la sua solida struttura, aumentandone probabilmente il valore aggiunto proprio in relazione alle sue diciotto primavere. Le parole chiave del film sono vita e musica, fino al punto di non capire mai bene quanto l’una condizioni l’altra, tanto da far dire al protagonista “Cos’è nata prima, la musica o la sofferenza? Io ascoltavo pop music perché ero un infelice o ero un infelice perché ascoltavo la pop music?”. Una cosa è certa: chi ama la musica sarà letteralmente inghiottito dai sessanta brani che compongono la colonna sonora di Alta Fedeltà, riproposto nella retrospettiva su Frears al Lucca Film Festival e Europa Cinema 2018.
La pellicola del cineasta inglese è tratta dall’omonimo romanzo, High Fidelity di Nick Hornby, e in uno spazio temporale che va dai flashback dell’infanzia fino alla gioventù mette in scena le vicende e la crescita sentimentale di Rob Gordon (John Cusack), proprietario a Chicago di un fallimentare negozio di dischi in vinile, insieme agli amici di sempre, Barry (Jack Black) e Dick (Todd Louiso).
Tra i tic di Rob Gordon quello di fare classifiche top five su tutto. Così quando finisce il suo rapporto con Laura (Iben Hjejle) inizia a ripercorrere le sue precedenti relazioni sentimentali stilando una top five di quelle per lui più dolorose. Iniziano così ad affacciarsi in scena i suoi personaggi, le sue ex, ognuna delle quali gli fa ripercorrere la sofferenza passata ma che gli permetterà anche di analizzare i suoi comportamenti e in definitiva se stesso. Lo farà per immagini, dialoghi esaltati da un montaggio snello e accattivante ma anche e soprattutto attraverso la musica. Una sorta di playlist umana e musicale. Inizieranno quindi a svelarsi i vari personaggi che hanno attraversato fino a quel momento la sua vita: Charlie (Chaterine Zeta-Jiones) la donna che gli tiene testa e di cui ha più paura, Marie DeSalle (Lisa Bonet) un’avvenente cantante, Liz (Johan Cusack) sua amica e Ian (Tim Robbins), nuovo fidanzato di Laura.
Rispetto al libro, ambientato a Londra, Alta Fedeltà si sposta a Chicago, una metropoli americana, mantenendo tuttavia la stessa credibilità dei personaggi e di ambientazione descritti dallo scrittore inglese. La ricostruzione del negozio di dischi in vinile è una delle cose più belle del film. I tre ragazzi che ci lavorano non sono commercianti ma veri e propri “maniaci” della musica. Rob non vuole solo uscire con una musicista, vuole proprio “vivere con una musicista, che scriva a casa mia e che inserisca un nostro segreto nelle note di copertina”. Ma la forza del lavoro di Frears risiede nel rendere vera una storia dove il romanticismo non è fine a se stesso ma è un solido, mai melenso veicolo di crescita personale.
È per questo che dopo le circa due ore di film quello che salta agli occhi non è banalmente un qualsiasi “lieto fine” ma il cambiamento del protagonista. Il regista inglese, ricordiamo la sua nomination agli Oscar con Rischiose Abitudini e alcuni dei suoi film come Eroe per caso, The Snapper, Piccoli affari sporchi, e più recentemente Philomena, Florence e Vittoria e Abdul, ha scelto di essere registicamente non invadente ma di dare spazio e voce alla sua storia con uno stile essenziale e pulito, pur non rinunciando a scelte precise e radicali, con quella del protagonista che abbatte la quarta parete e per tutto il film spesso si rivolge al pubblico. Una tecnica che, tra l’altro, inizialmente non convinse troppo John Cusack ,che per questo motivo pensò in un primo momento di non accettare la parte.
Infine (volutamente) una domanda retorica. Come farebbe ad essere brutta una pellicola dove è presente un cameo strepitoso di Bruce Springsteen? Oltretutto doppiato in italiano da Roberto Pedicini. The Boss appare in sogno a Rob e interloquisce con lui mentre imbraccia la sua Fender Telecaster. Poi c’è ancora qualcuno che si stupisce di come un film diventi un cult.