In Robert Doisneau: La lente delle meraviglie, proposto nel cartellone del Lucca Film Festival e Europa Cinema 2018 e disponibile in home video Wanted Cinema su distribuzione CG Entertainment, ritroviamo la periferia parigina e il suo profondo credo umanista come cardini della vita e del lavoro di Robert Doisenau, narrati con la voce e lo sguardo della nipote Clémentine Deroudille che dall’archivio dell’atelier costruisce un ritratto unico di uno dei più grandi fotografi del XX secolo.
Il documentario approfondisce la figura di Doisneau, distaccandosi dall’immagine con cui è conosciuto ai più “Il bacio all’Hotel de Ville”, pubblicata sul periodico americano Life nel 1950 ma divenuta famosa soltanto negli anni ’80, come simbolo di Parigi.
Una grande quantità di materiale a disposizione della regista che filma un ritratto inedito di Robert Doisneau
Dall’infanzia difficile a causa della prematura scomparsa della madre, all’arruolamento durante la seconda guerra mondiale, dal lavoro in fabbrica al successo tardivo, il documentario scandisce le tappe che hanno contribuito a sviluppare lo stile di Robert Doisneau, che non si è mai sentito un artista quanto più un artigiano della fotografia, arte che ferma il tempo, immortalando in uno scatto un preciso momento di vita.
Una grande quantità di materiale a disposizione della regista, che racconta in prima persona e con un pizzico di nostalgia la straordinaria forza espressiva del nonno, un uomo giovale e modesto che utilizzava la fotografia come specchio della società.
Una figura atipica quella di Doisneau, per cui la macchina era uno strumento per interpretare la realtà con grande curiosità e ribellione, perché in fondo la fotografia non è altro che l’indagine di un piccolo aspetto del mondo, colto al momento dalla lente del fotografo.
La “lente delle meraviglie” e la fotografia umanista
Clémentine Deroudille alterna, con taglio giornalistico, filmati d’epoca a fotografie ed interviste nel presente ad amici e familiari che hanno gravitato intorno alla vita di Doisneau, tra cui scrittori, artisti, attori e gente comune, che il fotografo amava ritrarre nella sua interpretazione della Parigi di periferia, abitata da operai, impiegati e dalla sua stessa famiglia. Nel ritratto inedito presentato in questo documentario, si evince chiaramente la volontà di Doisneau di appartenere alle viscere di una città e mai alla sua élite, che ha immortalato nel periodo trascorso al periodico Vogue come fotografo di moda e che non amava particolarmente, preferendo fotografare persone comuni, gente che si incontra in strada, al mercato, alla stazione, nei luoghi che scandiscono la vita di città.
Per questa particolare attitudine è stato definito un fotografo “umanista”, ma Doisneau in realtà non è assimilabile ad un unico stile, proprio perché utilizzava la fotografia, anche su commissione, come specchio di un preciso momento, indagato di volta in volta con strumenti intellettivi differenti.
Fotoreporter, ritrattista, artigiano, sviluppatore, il fotografo era dotato di una tecnica impeccabile, frutto di una grande esperienza, iniziata con una dura come litografo e culminata con la consacrazione ad artista simbolo di Parigi negli anni ottanta.
Considerato negli USA tra i grandi fotografi europei già nel 1948, seppur in Francia non fosse così noto, nei primi anni ’50 le sue fotografie furono esposte al MOMA di New York e successivamente in una retrospettiva a Chicago, mentre negli anni ’70 il suo portfolio iniziò ad entrare nelle maggiori collezioni fotografiche.
Interessante il punto di vista della regista, che usa come fil rouge narrativo, l’eterogeneità stilistica del nonno, che non si è mai fermato allo stesso punto, ma ha utilizzato una visione personale applicandola a vari contesti, dalla tanto amata ed indagata periferia parigina al mondo a colori di un reportage inedito sulla borghesia di Palm Springs nel 1968, un punto di vista alternativo al mondo degli hippies.
Clémentine Deroudille porta sul grande schermo una storia di famiglia, il sorriso contagioso di Robert Doisneau come uomo e come professionista, artista e lavoratore, non avvezzo al narcisismo ma concentrato sullo sguardo dell’altro, un grande fotografo, capace di immortalare il tempo e lo spazio come pochi.