Il principe felice è uno dei più famosi racconti di Oscar Wilde, contenuto nella raccolta omonima scritta nel 1888. Racconta di una statua ricoperta di materiali preziosi che, su consiglio di una rondine e dinnanzi alla povertà della città in cui si trova, si spoglia dei suoi averi per darli ai poveri. Venuto l’inverno, lui e la rondine, debilitati dal freddo, muoiono. Quando il sindaco della città lo nota, cerca di buttare via il povero uccellino e di fondere la statua del principe, senza riuscirci. Al finale di questa ‘operetta morale’, un angelo scende sulla terra e porta in paradiso il cuore del piombo del principe e l’uccellino.
The Happy Prince, presentato al Lucca Film Festival e Europa Cinema 2018 alla presenza del suo attore e regista Rupert Everett, racconta di quando Oscar Wilde fu spogliato dei suoi averi, dopo essere stato messo in galera in Inghilterra (per “gross public indecency”, come veniva chiamata l’omosessualità), per poi fuggire, da esiliato, prima a Napoli e a Parigi. Il suo compagno di avventura, piuttosto che una rondine, fu Alfred “Bosie” Douglas (interpretato da Colin Morgan), l’uomo a cui qualche anno prima Wilde aveva scritto il De profundis dal carcere. Anziché essere abbandonato dagli altri, lo scrittore irlandese fu aiutato (o almeno ci provarono) dagli amici come Reggie Turner ( Colin Firth) e dalla ex-moglie Constance (Emily Watson).
L’INVESTIMENTO ARTISTICO DI RUPERT EVERETT
Regista, sceneggiatore e protagonista del film, Rupert Everett ha messo in quest’opera tutto quello che poteva. È chiaramente l’opera della vita, quella senza la quale la sua carriera non sarebbe stata completa. Non tanto per la qualità, quanto per l’amore infinito che egli ha riposto nella realizzazione, ingrassando e imbruttendosi, modificando l’accento per essere il più fedele possibile ad Oscar Wilde. Tuttavia, il dibattito rimane sempre aperto: nel genere del biopic, quanto distacco serve, da parte del regista, verso il soggetto raccontato?
L’impressione è che Everett non abbia mai completamente il controllo. Wilde, fortunatamente, non viene raccontato come una vittima in senso assoluto o semplicemente come un omosessuale in tempi sfortunati: al contrario. Viene proposto come un uomo che ha sofferto, ingiustamente, e ora sta facendo soffrire altri, ingiustamente. Si approfitta, cosi come fa Bosie, della ex-moglie, la quale manda a lui denaro poiché ancora affezionata. Caccia alcuni ammiratori che lo riconoscono, litiga con gli amici e infine si ubriaca preferendo il vino ad un pasto caldo.
Wilde piange, gode, ride, si diverte e si annoia. Tutto succede in The happy prince senza che nulla sia evidenziato o messo in luce. Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, ogni cosa è mirabilmente realizzata: costumi, montaggio, scenografia o colonna sonora.
Il film di Everett è dunque un’opera d’amore e di ammirazione verso lo scrittore che gli ha cambiato la vita, imprecisa e talvolta confusa nella regia, quanto appassionata nella recitazione. Probabilmente serviva un regista che potesse lavorare in modo più distaccato, in grado di seguire e di articolare meglio la struttura narrativa del film. Tuttavia, avrebbe fatto perdere un po’ di “magia” a The happy prince: questo film è tutto, in ogni parte, di Rupert Everett.
The Happy Prince è in sala dal 12 aprile con Vision Distribution.