Fra tutti i paesi dell’Europa dell’Est, la Romania è sicuramente quella con il movimento calcistico più interessante – tenendo conto del periodo che va dal dopoguerra ai giorni nostri ed escludendo quindi quella nazionale ungherese che durante gli anni 50 ha fatto il bello e il cattivo tempo del calcio europeo. Basti pensare che durante i campionati Europei del 2008, nei quali ha incrociato anche il percorso della nazionale italiana, la squadra messa in campo dalla Romania poteva contare almeno otto giocatori sugli undici titolari provenienti dai maggiori campionati europei, e in molti casi, come per Adrian Mutu e Cristian Chivu (giusto per fare un paio di nomi), titolari e star dei propri team. Andando anche più indietro nel tempo è impossibile non farsi venire alla mente le prodezze di Gheorghe Hagi, soprannominato il Maradona dei Carpazi e che in carriera è arrivato a vestire le maglie di Real Madrid e Barcellona e che è stato il leader di quella nazionale che nel 1994 negli Stati Uniti riuscì nell’impresa di arrivare ai quarti di finale estromettendo dalla competizione l’Argentina, e di quella che nel 1998, per festeggiare il passaggio del turno, si tinse i capelli d’oro.
Visti gli eccellenti risultati raccolti, verrebbe quindi naturale pensare che la Romania e il suo popolo abbiano un rapporto amorevole con il calcio, ma la storia narrata da Corneliu Porombeiu nel suo documentario Fotbal Infinit, presentato in anteprima nazionale al Lucca Film Festival e Europa Cinema 2018 racconta anche di chi dal calcio è stato deprivato di tanto e vuole addirittura cambiarlo: Laurentiu Ginghina è un grigio burocrate che ha visto una possibile carriera nell’esercito sfumare a causa di una frattura del perone curata male, procurata durante una partitella di calcio su un campetto di cemento. Nella sua visione, il suo infortunio, piuttosto che essere stato procurato da un’inavvertenza o da un in intervento scomposto, è da imputare alle regole stesse del gioco, che favorirebbero l’occupazione di spazi vuoti a discapito del movimento di palla, e allora la risposta a un problema difficile, aggravato dalla crisi economica che ha devastato il paese est europeo durante la dittatura di Ceaușescu, per quest’uomo bizzarro è molto semplice: cambiare le regole del calcio e tentare di creare una federazione rivale a quella “ufficiale”.
In Fotbal Infinit il calcio è però solo un pretesto utilizzato per raccontare una realtà complicata come quella rumena che ancora deve smaltire le ultime scorie dell’età dell’oro, e soprattutto Porombeiu lo utilizza per raccontare la storia di un uomo come Ginghina che, per quanto si sia sforzato, non è riuscito a trovare il proprio posto nel mondo in un’epoca di transizione globale: costretto a rientrare dagli USA dopo l’11 settembre, dove lavorava stagionalmente come raccoglitore di arance, e poi illuso dall’abbaglio dell’adesione della Romania all’Unione Europea, è un uomo che si aggrappa con tutte le proprie forze alla sua bizzarra idea di calcio, perché in verità è tutto ciò che gli è rimasto per sognare, proponendone varianti su varianti ogni volta che gli viene fatta notare un’incongruenza, andando avanti all’infinito.
Fotbal Infinit è a metà tra la finzione e la realtà, un film in cui Porombeiu riesce sempre a nascondere il confine fra il reale e l’irreale non dando punti di riferimento in tal senso allo spettatore, e lo fa con una serietà che finisce per penalizzare un prodotto ben girato e che comunque offre interessanti spunti. Una storia bizzarra come quella di Ginghina avrebbe forse giovato di una vena ironica più accentuata, che invece latita completamente nella messa in scena. Quello che rimane è un buon documentario che però spiazza lo spettatore senza dargli punti di riferimento, sempre confuso su quale sia il confine fra la realtà e l’immaginario.