Nomi inventati, personaggi che sembrano chimere che uniscono i tratti più grotteschi dei protagonisti della cronaca politica e giudiziaria dello scorso decennio, e un periodo – quello dal 2006 al 2010, di cui per ora vediamo solo la prima parte – che ha segnato una svolta nella vita dell’uomo (forse) più potente d’Italia. E quindi nel paese.
Secondo le parole di Sorrentino stesso, una galleria di soggetti “prevedibili ma indecifrabili”, che la macchina da presa non giudica e che lo script restituisce in modo graffiante e irresistibilmente esilarante. Un mondo che, a ben vedere, sarebbe agghiacciante, ma cui guardiamo con malinconica compassione e divertita partecipazione.
Un’apertura immensa dal sapore buñueliano, un iconico momento che in una manciata di inquadrature racchiude tutto il degrado di Roma, dei vampiri glam quasi ellisiani, un’odalisca decisamente poco avvenente.
E poi il sesso. Il sesso come unica legge; metafora del mondo; inquadrature costantemente inondate da corpi nudi e perfetti di giovani donne. E, solo verso la fine, lui: Berlusconi. Quasi metafisico, con una vita apparentemente lontanissima da quella di quel sottobosco di cocainomani, puttane, corrotti e leccaculo che per buona parte del film si affanna nel frenetico montaggio di Cristiano Travaglioli. Due mondi a modo loro lontanissimi, ma che si attraggono magneticamente, fino alla tempesta perfetta che probabilmente ritroveremo in Loro 2.
NIENTE A CHE FARE CON UN BIO-PIC
La parlata milanese di Toni Servillo a tratti non sarà la più convincente, certo, ma chiunque pensasse di poter giudicare Loro 1 secondo le categorie della somiglianza tra il grande attore partenopeo e il divisivo milionario di Arcore, farebbe meglio a riconsiderare la propria capacità di leggere un’opera cinematografica. Questo perché, come già accadde con quel meraviglioso Andreotti de Il Divo (che, per stessa ammissione di Servillo, si allontanava dall’imitazione per ispirarsi al Nosferatu di Murnau), Sorrentino non è interessato a un bio-pic sul ‘Cavaliere’, ma a un ritratto ficcante eppur surreale dell’Italia che ha partorito e al contempo è stata plasmata da una delle più controverse figure della sua storia. Una riflessione su un uomo capace di diventare il fulcro del dibattito di un paese per un lunghissimo periodo, raccontato però attraverso il suo privato – più immaginato che aderente alla realtà, più ‘cinematografico’ che ‘storiografico’. E ancor più di Berlusconi stesso, quella folla di ambiziosi arrampicatori sociali che aspirano a lui come a una vetta da scalare, un’altra sponda cui anelare, un’opportunità da sfruttare.
TUTTO VERO, TUTTO FALSO
È con questo spirito che bisogna approcciarsi a Loro, nuovo film di Paolo Sorrentino che arriverà nelle nostre sale diviso in due capitoli da circa 2 ore l’uno (in uscita il 24 aprile e il 10 maggio) e che – com’è chiaro già dal titolo – più che di lui parla di loro. «Loro, quelli che contano», dice il personaggio di Riccardo Scamarcio. Eppure Sorrentino sembra guardare al dito che indica la luna, a loro, quelli che vorrebbero contare.
Silvio Berlusconi è collocato su un piano altro, e qui diventa una maschera felliniana cui è impossibile non guardare con una certa tenerezza, che è assente per buona parte del film eppure in qualche modo è sempre presente. Non come politico, non come imprenditore, ma come figura mitologica, incarnazione stessa del potere.
Mentre un formicaio di ometti meschini e donnette pronte a svendersi mette in atto la propria ‘scalata’ all’Olimpo di Arcore, il protagonista di Loro, con le sembianze e il nome di Silvio Berlusconi, incarna l’archetipo di un outsider reso solo dalla sua stessa smisurata ambizione (quasi come il Lancaster Dodd di The Master di P.T. Anderson), però tutto teso a cercare disperatamente il consenso di una compagna che ha troppo a lungo trascurato, ma senza la quale sarebbe perso. Un uomo capace di vedersi al di sopra della legge degli uomini e degli dei, riguardo al quale – come recita la tagline del film – è tutto vero e tutto falso.
NIENTE POLITICA, SOLO POTERE
La stampa, come accadrà per il pubblico, per ora ha potuto vedere solo Loro 1, e cioè solo la prima metà del grande affresco partorito da Sorrentino. Se ovviamente è incredibilmente difficile commentare un’opera avendone vista solo una parte, non si può non pensare che le forme narrative della contemporaneità si stiano ibridando. Il Paolo Sorrentino di film come La Grande Bellezza e Le Conseguenze dell’Amore e quello che ha lasciato il segno nella serialità televisiva con The Young Pope si incontrano, in un film per il cinema diviso in due episodi che – come concezione – sembra quasi un’ambiziosissima e straordinaria miniserie per il grande schermo.
Gli ambienti alto-borghesi, il setting romano (prima, poi Sardo) e la decisione di concentrarsi ancora una volta sulla figura di un leader politico ricco di chiaroscuri, ancor prima dell’arrivo in sala del film hanno portato molti ad aspettarsi una sorta di punto d’incontro proprio tra La Grande Bellezza e Il Divo, ma tale semplificazione risulterebbe estremamente ingenerosa nei confronti della nuova opera del cineasta partenopeo. Loro 1 non si sottrae certo alle costanti che hanno definito la poetica del geniale regista che esordì con L’Uomo In Più, eppure – come tutti i suoi lavori – brilla di luce propria, riuscendo a dire molto sull’Italia di ieri e di oggi attraverso un delirio di sregolatezza, esistenze volgari e risate amare.
In Loro 1 quasi non c’è traccia di Berlusconiani e anti-Berlusconiani. Categorie così contingenti con l’avventura politica (e giudiziaria) del ‘Cavaliere’ non trovano spazio nella vita quotidiana di chi orbita intorno al potere, sono quasi un rumore di fondo lontano, lontanissimo. L’attenzione è tutta sugli eventi che si mettono fulmineamente in moto in direzione di un Berlusconi quasi annoiato, che sta per essere travolto da una spirale disastrosa che ne segnerà irrimediabilmente la reputazione – e la vita.
LE DONNE E STAR TREK
Quello del confronto di Berlusconi con il mondo femminile era uno spunto narrativo troppo stimolante perché Sorrentino (come suo solito sottraendosi alla banalità) non ne facesse una delle tematiche portanti, una delle chiavi di lettura principali nel racconto di quello che (come quasi tutti i suoi personaggi) diventa un antieroe grottesco, malinconico e tragicomico. È così che diventano fondamentali tanto la figura rassicurante, quasi sacra e materna di Veronica, quanto la componente edonistica legata alla sesso, onnipresente nella narrazione eppure ancora all’orizzonte in relazione ai meccanismi narrativi legati al protagonista.
Altro elemento importante, corroborato dalla straordinaria interpretazione di un camaleontico Toni Servillo (che, è bene sottolinearlo ancora, non vuole essere un’imitazione), è quello della visione del mondo di Berlusconi – sia essa quella costruita con la narrazione pubblica, o quella che trapela in un privato a tratti antitetico all’immagine restituita all’esterno.
Nella sua capacità carismatica di plasmare (a volte con spontaneità e a volta in modo fraudolento) un racconto del mondo lontanissimo dalla realtà, e di spingere in sua celebrazione e difesa un intero esercito di ‘fedeli’ – dall’elettorato osannante al codazzo di compagni d’armi interessati –, il protagonista di Loro 1 riporta alla mente l’immagine con cui Bud Tribble descriveva con intenti tutt’altro che lusinghieri l’effetto che aveva all’inizio degli anni ’80 Steve Jobs sull’ambiente circostante. Parlando del CEO Apple, Tribble raccontava del “reality distortion field” (dall’RDF di Star Trek) con cui questi riusciva a convincere se stesso e chi lo circondava a intraprendere le crociate più improbabili. Nel suo ultimo film sembra proprio che Sorrentino voglia concentrare il proprio sguardo anche sul quel talento naturale con cui il Cav ha a lungo dimostrato di sapere generare un “campo di distorsione della realtà” tutto suo. Un potere di intervenire sulla realtà che è ancora più grande del potere dato dai soldi o dall’influenza politica. Un potere pericolosissimo, per gli altri ma anche per sé. Un potere che, proprio come l’atto sessuale, ha molto a che fare con un primitivo desiderio di affermazione. Un potere che – come accade in una scena – trasforma le feci in terra feconda.
TROPPO PRESTO O TROPPO TARDI?
In conclusione (e in attesa di vederla, la conclusione del film) possiamo dire che Sorrentino ancora una volta approccia a un soggetto particolarmente rischioso – probabilmente il più rischioso di tutta la sua carriera – dimostrando straordinario coraggio e confermando quella naturalezza ed eleganza nel linguaggio filmico che lo pone di diritto tra i grandi maestri della cinematografia mondiale.
In molti, dovendo necessariamente confrontare il film con l’attualità (sulla quale probabilmente finirà per riverberarsi), sosterranno convintamente tanto il fatto che la ‘denuncia’ di Berlusconi arrivi fuori tempo massimo, quanto che sia troppo presto per una riflessione lucida su un capitolo di storia italiana tanto recente. La verità, però, è che a Sorrentino non interessa né la denuncia in sé né la storiografia. In Loro 1 la parabola Berlusconiana è solo il paradigma per un intero pezzo di Italia, così come per molte delle figure che vediamo alternarsi sul grande schermo.
Al centro dell’attenzione ci sono gli ambiziosi e gli arrivisti, certo, ma gli straordinari primi 5 minuti del film bastano a compendiare la parabola riguardante tutta quella parte di mondo grazie alla quale Berlusconi ha fatto suo il Bel Paese per un ventennio.
Paolo Sorrentino ama raccontare storie di uomini che perdono il controllo, e ancora una volta vi riesce con assoluta maestria.