In occasione della Giornata della Memoria, dal 27 gennaio il film sarà nuovamente in sala grazie a Mariposa Cinematografica. In fondo al pezzo l’elenco delle sale.
È una considerazione amara quella insita in 1945, lungometraggio del regista ungherese Ferenc Török, che racconta una piccola storia all’alba dell’occupazione sovietica del paese dopo la fine della seconda guerra mondiale.
L’Olocausto di milioni di ebrei per mano dei nazisti, ma anche dei tanti conniventi sparsi per l’Europa, una ferita che non si rimarginerà mai e che il regista narra utilizzando un linguaggio e un punto di vista alternativi.
Raccontare l’Olocausto da un punto di vista differente
Presentato al 67 Festival Internazionale del Cinema di Berlino, 1945 è un affresco sul pregiudizio, sul senso di colpa ma anche sulla brutalità dell’animo umano.
Girato in un bianco e nero dai toni caldi, tendente al seppia e senza mai citare esplicitamente il dramma dell’Olocausto, racconta le storie delle famiglie di una piccola comunità rurale, in un’Ungheria che sta affrontando il difficile periodo di transizione politica e culturale.
Tratto dal racconto dello sceneggiatore Gábor T. Szántó , Homecoming, 1945 affronta il tema attraverso parole, oggetti e piccole storie che rimandano alla deportazione ebraica. Un giorno di agosto del 1945 alla stazione di una cittadina della campagna ungherese alle 11.00 in punto del mattino arrivano due ebrei ortodossi, uno giovane e l’altro anziano. Con loro hanno un carico di merci che i cittadini guardano con sospetto. I due stranieri stanno rientrando in Ungheria dopo la deportazione in un campo di concentramento, ma l’aria che si respira in paese al loro arrivo è tesa, colma di sospetti e chiacchiere.
Al centro del film il latente senso di colpa di un villaggio ungherese
I due si trovano ad affrontare gli sguardi di una cittadina intera che si scopre essere connivente alla deportazione dei propri vicini di casa. Giunti in paese il giorno del matrimonio del figlio del vicario, il personaggio più importante della comunità, gli stranieri saranno al centro delle elucubrazioni dei cittadini sul motivo del loro arrivo in città.
La coscienza sopita per qualche tempo riemergerà con un impeto improvviso e dirompente tra gli abitanti del villaggio, ognuno con una storia diversa, chi si è impossessato dei beni dei deportati, chi li ha venduti, chi vuole rimediare agli abusi commessi e chi, invece, tenta di mantenere la calma, semplicemente chiudendo gli occhi.
Ferenc Török non lascia mai parlare i due ebrei ortodossi, che comunicano con lo spettatore con lo sguardo ma senza mai esprimere un giudizio morale, che invece è ben sottolineato nei dialoghi tra i cittadini, pieni di paura, rabbia, pregiudizio e un senso di colpa latente, che sembra colpire tutti ma che nessuno esplicita sinceramente. Tutta la sceneggiatura si basa sui discorsi che ruotano intorno alla deportazione, senza mai citarla, ogni oggetto è un ricordo che riporta alla mente quel periodo drammatico del cuore dell’Europa.
Una ferita ancora aperta nel mondo occidentale
Il motivo della visita dei due stranieri è ancora più spiazzante e commovente e richiama la nostra coscienza collettiva. 1945 è un film sincero e brutale, che come poche pellicole, tratta l’Olocausto con eleganza e una sottile carica emotiva, che cresce con l’andamento della sceneggiatura per poi culminare nel finale. Un lungometraggio profondo, elegante e ben girato che scuote l’anima.
Distribuzione in occasione della Giornata della Memoria, dal 27 gennaio 2019: