Immagini di chiacchiere spensierate in una scuola inondata di luce. Un normalissimo momento di quotidianità; si ride, si parla di un esame e si allude ai primi amori. Poi un’irruzione inaspettata: il padre di una delle ragazze corre trafelato per i corridoi dell’istituto e, nello sconcerto di tutti, la trascina via per il braccio ammonendo gli altri di andare a nascondersi per aver salva la vita. Da lì in poi la corsa disperata di una famiglia verso un bunker, per fuggire dalle tonitruanti nubi nere che si addensano rapidamente all’orizzonte. Né la ragazza né il fratellino, che ora siede al suo fianco sul sedile posteriore, capiscono il motivo di tanto allarmismo. Quand’ecco che la radio inizia a parlare di una pioggia ‘velenosa’ che, a pochi chilometri di distanza, sta uccidendo chiunque vi entri in contatto.
The Rain, creata da Jannik Tai Mosholt, Esben Toft Jacobsen e Christian Potalivo, è la nuova serie Netflix che segna il debutto delle produzioni originali del web service di Los Gatos in Danimarca. L’operazione ricorda alla lontana quanto fatto in Germania con Dark, ma qui lo script non è altrettanto sofisticato e le atmosfere sono molto più vicine al genere survival post-apocalittico (fioccheranno i paragoni con The Walking Dead, ma sono decisamente pretestuosi).
L’apertura del pilot, che vi abbiamo appena descritto, ricorda vagamente l’improvviso stravolgimento dell’equilibrio narrativo con cui si apre il meraviglioso Arrival, ma ovviamente non aspettatevi di ritrovare nel nuovo show Netflix la stessa perfezione del capolavoro di Villeneuve. Alla manciata di minuti che introduce il concept di base, seguirà infatti un lungo establishing episode in cui verranno sommariamente riassunti cinque anni di vita dentro il suddetto bunker. Una grande premessa che cederà il posto alla narrazione vera e propria solo dal secondo episodio, quando i fratelli Simone (Alba August) e Rasmus (Lucas Lynggaard Tønnesen) saranno costretti a riemergere in un mondo che non ha nulla a che fare con quello che si erano lasciati alle spalle un lustro addietro.
L’ambizione del prodotto è evidente, e se lo confrontiamo con la media delle produzioni seriali nostrane non può che torreggiare imponente. La realtà però è che, nonostante atmosfere particolarmente azzeccate e cliché ben mutuati dalle analoghe produzioni anglofone, lo script sembra forzare la mano a danno dell’immedesimazione con i personaggi: i due ragazzini protagonisti sembrano a volte più scaltri e indipendenti di Bear Grills ed altre più dementi di Peter Griffin. Un mix decisamente infelice da giustificare.
Al fianco dei comprimari non centratissimi ci sono però tutti gli ingredienti per un racconto appassionante: una piaga assassina, un misterioso legame tra degli esperimenti legati a Rasmus e le origini del virus, dei sopravvissuti le cui intenzioni sono difficili da interpretare e un bunker high tech che rimanda a chissà quali segreti.
È evidente che non siamo davanti alla migliore delle produzioni Netflix (anche per via di un paio di errori di montaggio che non ci aspetteremmo di trovare nemmeno nello showreel di un videomaker alle prime armi), eppure The Rain riesce a centrare pienamente il proprio obiettivo, e cioè essere una serie di soli 8 episodi che pur non conquistando lo spettatore, sa catturarne l’attenzione. Su Netflix dal 4 maggio.