Tagliagole, tagliateste, barbari, terroristi: sono queste le parole più comuni utilizzate per definire gli uomini dell’ISIS, che dal gennaio del 2014 all’ottobre del 2017 hanno istituito a Raqqa, in Siria, lo Stato Islamico.
Raqqa sorge sulle rive dell’Eufrate, un fiume che evoca la storia di un territorio che fu la culla della civiltà. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e oggi la città siriana è una delle più segnate dagli equilibri geopolitici e, probabilmente, la più colpita dalle nuove guerre di religione più o meno striscianti, anche se va detto e sempre ribadito che in questi conflitti, in base alle loro dinamiche, la fede in fin dei conti c’entra ben poco. Oggi Raqqa è stata liberata dal regime imposto dagli uomini dell’ISIS ma rimane purtroppo una città stuprata e ancora in balìa, così come l’intera regione, dei rapporti di forza interni ed esterni alla Siria.
City of Ghost, il documentario di Matthew Heineman finalmente disponibile in home video Koch Media, ci porta direttamente all’interno del regime attraverso i racconti, le vicende e le azioni di quella che potremmo definire la resistenza di alcuni membri del movimento sorto nella città dopo la presa di potere dell’ISIS, denominato Raqqa Is Being Slaughtered Silenty (RBSS). In particolare Heineman segue un gruppo di giornalisti e di fotoreporter che, in patria e all’estero, cercano di documentare ciò che sta accadendo a Raqqa, portando le atrocità all’attenzione del mondo per cercare di contrastarle. Un compito ad alto rischio non solo per chi è rimasto ma anche per coloro che operano dalla Germania o dalla Turchia, braccati dallo Stato Islamico.
Attraverso l’eroismo di questi uomini il documentario del regista americano ci porta direttamente dentro “la città dei fantasmi”: purtroppo non si tratta di un titolo ricercato o ad effetto per far presa sullo spettatore. Al contrario, il film parla proprio di fantasmi. Gli attivisti di Raqqa Is Being Slaughtered Silenty sono infatti degli spettri ma lo sono anche gli abitanti della città, costretti a subire le angherie da parte dell’ISIS fino alle estreme conseguenze in caso di sospetti o ribellione. E qui fatalmente torniamo alle definizioni, tragicamente orrende ma vere, con cui in Occidente le televisioni ci hanno raccontato i massacri attraverso i video delle esecuzioni girati dagli aguzzini. City of Ghosts, al contrario, è girato in presa diretta soffermandosi sull’attività social dei membri del movimento stabilitisi all’estero. Spesso le immagini sono veramente forti, una vera e propria galleria degli orrori. Non c’è la spettacolarità di alcuni video di propaganda che l’ISIS ha confezionato con tecniche hollywoodiane (come se fossero film ad alto budget) ma semplicemente la rappresentazione della realtà che rende tutto, semmai ce ne fosse stato bisogno, ancora più tragico.
L’altra faccia della medaglia è la vita in incognito di chi è rimasto a Raqqa in clandestinità e di chi si è rifugiato all’estero: tutti assoggettati a ferree regole di sicurezza da adottare sia sul territorio che su internet, per proteggere sé stessi ma anche le loro famiglie (molto spesso divise). Nonostante queste precauzioni qualcuno viene scoperto e giustiziato, a Raqqa in pubblico e, se rintracciati, all’estero attraverso blitz mirati.
Una storia di resistenza dunque ma City Of Ghosts è anche un’opera che rappresenta l’eterna battaglia tra il Bene e il Male, ovviamente esautorata da tutte le contaminazioni strumentalmente ideologiche e politiche nel nome delle quali vengono compiute le atrocità. Il film parla anche di coraggio e di uomini coraggiosi, a cominciare dal regista. Matthew Heineman raccoglie il materiale arrivato da Raqqa ai clandestini che operano in Germania e in Turchia assumendosi di fatto i loro stessi rischi. Dal punto di vista tecnico è un documentario ben girato che analizza profondamente l’animo umano. Il lungometraggio ha avuto diversi riconoscimenti, anche al Sundance Film Festival dove è stato presentato nel 2017.
Gli uomini di City of Ghosts sono persone costrette dagli eventi a compiere azioni e comportamenti assai rischiosi, spinti da un concetto elementare, crudo, amaro, triste, forse ingenuo: “Siamo ragazzi qualunque e ci siamo chiesti se potevamo fare qualcosa. L’abbiamo fatta. Siamo convinti che le nostre parole sono e saranno più forti delle loro armi, sia se vinceremo, sia se ci uccideranno tutti”.