Il primo, sudatissimo, film di Deadpool non è certo stato il primo lungometraggio supereroistico a mischiare elementi da film comico (ancor più che da commedia) a un approccio decisamente adulto nei dialoghi e nella rappresentazione della violenza: c’è una lunga tradizione di superhero movie indipendenti che ha esplorato questo tipo di linguaggio. A differenza dei suoi predecessori, però, il primo Deadpool è stato il primo titolo della ‘cinecomic era’ in cui un grande Studio ha applicato questo trattamento a un franchise particolarmente noto, con tutti i rischi che ciò poteva comportare.
UN SEQUEL DIFFICILE IN UN PANORAMA IN RAPIDISSIMA EVOLUZIONE
Lo straordinario successo di critica e botteghino di quel primo capitolo è ormai entrato nella storia recente del cinema pop, ma da quel pur recentissimo 2016 l’industria del cinefumetto si è mossa con passi da gigante, sussumendo la parodia nei propri schemi con il Thor: Ragnarok del geniale Taika Waititi (non a caso odiato da molti puristi), o virando in direzione decisamente opposta, con i toni drammatici del rated-R Logan e con la rivoluzione del MCU apportata da Avengers: Infinity War.
Deadpool 2 aveva quindi l’arduo compito di reggere il confronto con un debutto capace di mettere d’accordo tutti, nonché di prendere una direzione originale che non fosse la mera riproposizione di un mix di immagini grafiche e ironia metacinematografica e autoreferenziale. La ricetta della Fox per questo atteso ritorno è stata quella di fare tutto più in grande: battute più frequenti (ma decisamente meno ispirate), violenza più estrema, molti più personaggi, elementi di dramma molto più accentuati e azione più ambiziosa e spettacolare. Com’è facile immaginare, questo tipo di approccio mal si concilia con un franchise il cui successo iniziale è inscindibilmente legato alla mancanza di mezzi, e infatti il risultato è un film piacevole ma decisamente al di sotto del suo potenziale.
IL REGISTA DI JOHN WICK GIRA DA DIO, MA CI SONO TROPPI PERSONAGGI
La trama di Deadpool 2 è stata mantenuta top secret dalla FOX per tutta la campagna promozionale, e pertanto, per non privarvi del piacere di scoprirla in sala, non vi riveleremo niente. Quello che è evidente sin dal trailer è che stavolta Wade Wilson (ancora una volta Ryan Reynolds) si troverà a scontrarsi con Cable (Josh Brolin, appena uscito dai panni di Thanos), un viaggiatore nel tempo con un braccio bionico e un debole per i fucili ipertrofici – che i fan dei fumetti sanno essere ‘uno dei buoni’. Sappiamo altresì con un giovanissimo mutante particolarmente in carne e con una pericolosa attitudine alla pirocinesi avrà un ruolo importante nella trama. È inoltre noto che nel sequel Deadpool formerà la squadra X-Force chiamando a raccolta un ristretto gruppo di mutanti, la cui punta di diamante sarà la bella Domino (la Zazie Beetz di Atlanta), il cui superpotere consiste in una fortuna sfacciata.
Data qualche vaga coordinata per inquadrare almeno i protagonisti di Deadpool 2, è utile ricordare che dietro la macchina da presa c’è il David Leitch di John Wick e Atomica Bionda. Sapere che a dirigere la pellicola c’è l’ex stunt coordinator di Matrix aiuterà infatti a capire perché l’azione del film (che spesso raggiunge una dimensione più ambiziosa di quella che sarebbe utile alla storia) sia così meravigliosamente girata: in particolare i segmenti che vedono protagonista Domino – la cui super-fortuna viene messa in scena come in un Final Destination al contrario – risultano tanto adrenalinici quanto imprevedibili. La stessa presenza di Leitch potrebbe far pensare che una costruzione narrativa reminiscente alla lontana di John Wick sia imputabile a lui, ma in realtà a firmare lo script torna la stessa squadra del primo Deadpool: Reese, Wernick e (il precedentemente non accreditato) Reynolds.
LE RISATE DA STAND UP COMEDY E I PERSONAGGI PIATTI
E proprio lo script ad essere croce e delizia del nuovo film sul mercenario chiacchierone, e gli elementi che ne costituiscono i punti di forza riescono ad essere al contempo i meno riusciti. Se si escludono un paio di momenti comici veramente memorabili (uno legato al potere rigenerativo di Deadpool e l’altro al debutto della X-Force), gran parte dell’umorismo è costruito con i classici dialoghi à la Deadpool. Il problema è che, anche se questi sono una caratteristica imprescindibile del franchise, un secondo capitolo avrebbe bisogno di un’evoluzione sostanziale e quindi di legare maggiormente la componente comica alla caratterizzazione dei personaggi; ma ciò non accade neanche lontanamente. C’è tanto cabaret, qualche sketch ma poca commedia.
Quel che stupisce di Deadpool 2 infatti è che, per infarcire le due ore di metraggio di eventi e personaggi, si finisce per tralasciare completamente una resa tridimensionale dei comprimari: Cable è “quello duro e determinato”, Domino è “quella tosta e fortunata”, ma non c’è veramente altro che si possa dire sulla loro psicologia o sul loro carattere. Se a ciò aggiungiamo che Testata Mutante Negasonica viene piazzata sullo schermo senza alcun motivo né rilevanza, diventa evidente che il tempo dedicato allo script è evidentemente troppo poco per i canoni del 2018.
IL MAGONE NON NECESSARIO
La debolezza nella delineazione dei personaggi cozza però con lo sforzo eccessivo con cui gli sceneggiatori vogliono arricchire di chiaroscuri la figura del protagonista, il cui percorso risulta apprezzabile in termini di coraggio di scrittura e di sforzo di evoluzione narrativa, ma che non riesce a convincere pienamente proprio per l’eccessiva serietà. Il mercenario in tuta rossa – che pur nel precedente capitolo aveva dovuto affrontare la malattia, la tortura e la deformità – viene qui messo al centro di un arco evolutivo decisamente troppo drammatico, che risulta forzatamente fuori luogo rispetto all’insieme e che appesantisce il risultato finale molto più di quanto non riesca ad arricchirlo.
A QUESTO PUNTO VOGLIAMO I MYSTERY MEN NELLA X-FORCE
Per quanto concerne la componente comica dello script, poi, vi è una presenza eccessiva di citazioni molto ben nascoste di una serie di pellicole supereroistiche indie dei primi anni 2000, che pur non essendo mai esplicitata dalle battute di Wade Wilson in certi momenti supera i livelli di guardia, tanto da far pensare che più che omaggi si trattino quasi di plagi. Basti pensare che alcune delle idee migliori della pellicola sembrano rielaborazioni neanche troppo fantasiose di momenti dell’esilarante e demenziale Mystery Man, superhero movie del ’99 con Ben Stiller, William H. Macy e Geoffrey Rush che per i suoi tempi era ai limiti del pionieristico.
In conclusione Deadpool 2 è un secondo capitolo comunque apprezzabile e a tratti esilarante – non perdetevi per nulla al mondo la scena post-crediti – che però risente di una certa ansia da prestazione che trasuda nella sovrabbondanza di personaggi, azione ed emozione forzata. Se il focus fosse rimasto sul tema centrale del film, e cioè quel che siamo disposti a fare pur di salvare qualcuno, non avremmo poi sentito la mancanza di una grandeur di cui il Deadpool che amiamo non sa cosa fare. E ci saremmo risparmiata quella ventina di minuti di troppo che, nell’insieme, porta la durata del film a raggiungere senza un vero perché i 120 minuti.