Dopo la presentazione al Festival di Cannes, con tanto di stormtrooper (che nel film non ci sono) in bella mostra sul tappeto rosso, qualcuno ha detto che con Solo: A Star Wars Story la Disney non ha osato. Eppure, a veder bene, dopo la nostalgia ricercata da Abrams in The Force Awakens, il nuovo corso avviato da Kathleen Kennedy non ha mai smesso di osare. Dapprima con l’idea di inaugurare un filone parallelo di pellicole monografiche (per il quale l’esordio un po’ cauto con Rogue One: A Star Wars Story è più che comprensibile), poi con quel Star Wars: The Last Jedi che tanto ha fatto per portare avanti la saga – anche a costo di deludere le aspettative di chi si attendeva una storia più convenzionale -, quindi con l’annuncio di una nuova e innovativa trilogia sotto la guida di Rian Johnson e, ora, con il film sul giovane Han Solo che arriverà nelle sale italiane il 23 maggio.
ALDEN EHRENREICH: RISCHIARE SIGNIFICA POTER SBAGLIARE
L’idea stessa alla base di Solo: A Star Wars Story è infatti rischiosissima: la scelta di procedere così presto al recasting di uno dei più iconici personaggi della saga di Guerre Stellari – anzi, della storia del cinema – è infatti ai limiti del folle, e chiunque ci fosse stato a vestire quei panni, il risultato non avrebbe mai potuto essere all’altezza. Il motivo per cui si sia arrivati a produrre comunque il film è noto: Lawrence Kasdan (sceneggiatore de L’Impero Colpisce Ancora, che ha firmato Solo insieme al figlio Jonathan) aveva il soggetto nel cassetto da una vita e il titolo era in programma prima ancora che George Lucas vendesse tutto alla Disney, mentre è meno chiaro perché qualcuno abbia pensato che fosse una buona idea scegliere Alden Ehrenreich per la parte.
È evidente che in fase di casting si sia cercato quel quid piuttosto che un’eccessiva somiglianza a Ford (anche perché altrimenti sarebbe stato scelto Anthony Ingruber), ma Ehrenreich, che in Ave Cesare! dei Coen era fantastico e in Tetro di Coppola decisamente convincente, qui non riesce del tutto a inquadrare la parte. Il lavoro alla performance vocale è straordinario (anche se la scelta di una voce inadatta per il doppiaggio italiano mortifica ogni sforzo), ma mentre l’attore è tutto preso a replicare perfettamente molte smorfie di Harrison Ford (probabilmente su indicazione dell’acting coach ingaggiato prima delle riprese di pick-up per aiutarlo ad avvicinarsi all’interpretazione originale), finisce troppo spesso per avere uno sguardo spento che affossa l’interpretazione. Se a ciò aggiungiamo che, a differenza del Solo di Ford, non ha quella presenza sfrontata e quel carisma trasandato e sensuale che hanno definito la parte, è presto detto che il casting più importante di tutto il nuovo corso del franchise è andato storto. Eppure, nonostante questo, Solo riesce ad essere un bel film.
UN RISULTATO SORPRENDENTE, VISTE LE PREMESSE
Solo: A Star Wars Story riesce ad essere un film spettacolare e convincente anche con un protagonista imperfetto, e anche – e nonostante – una vicenda produttiva a dir poco disastrosa, che ha visto i precedenti registi Phil Lord e Chris Miller (21 Jump Street, The Lego Movie) allontanati dalla produzione a film quasi finito, mentre sul set cresceva la percezione che non avessero idea di come gestire la storia – tutti presi a farne una commedia brillante e a lasciare molto spazio all’improvvisazione, a dispetto delle direttive di Kathleen Kennedy. Una volta chiarito come aggirare i vincoli imposti dai contratti della Directors Guild of America, a loro è poi subentrato Ron Howard (pupillo di vecchia data di Lucas), che ha dovuto rigirare e manipolare gran parte delle scene (tanto da guadagnarsi i crediti esclusivi come regista sulla locandina) e che a dispetto di ogni previsione è riuscito a confezionare un lavoro che scorre magnificamente – come quel taglia e cuci non fosse mai stato necessario.
DA SCHIAVO A FURFANTE, UN VIAGGIO NELLA DISILLUSIONE
La storia si apre con Han (Alden Ehrenreich) che vive quasi come uno schiavo sul pianeta cantiere Corellia. Da lì gli eventi si sviluppano rapidamente e, passando per una parentesi tra le truppe di fanteria imperiali e per il primo (memorabile) incontro con Chewbecca, ci portano a ritrovare il protagonista che è diventato un bandito a tutti gli effetti (degna di menzione la spettacolare scena di un ‘assalto al treno’ che ben riassume l’intento di Howard di girare uno space western).
Un colpo dopo l’altro, vedremo Han stringere un rapporto particolarmente stretto con il suo mentore Beckett (Woody Harrelson), ritrovare la sua amica di sempre Qi’ra (Emilia Clarke) e incrociare la strada con il giovane Lando Calrissian (Donald Grover) e il suo Millenium Fanlcon. Sullo sfondo la minaccia dei pirati capitanati dal temibile Enfys Nest (personaggio che, per design e scrittura, è straordinario) e Dryden Vos, elegante malvivente a capo di un’associazione nota come Alba Cremisi che ha il volto – sfigurato – di Paul Bettany.
WESTERN, CAPER, ACTION, CON UN MINIMO DI COMMEDIA. E UNA GRAN FOTOGRAFIA.
Di tutti i momenti comici di cui si dice Lord e Miller avessero infarcito il film quasi non c’è più traccia, e anche se non mancano passaggi ironici e qualche sfumatura da commedia, Howard evidentemente non vuole cercare a tutti i costi la risata nonostante ogni tanto se ne sentirebbe il bisogno (e quando ci prova ci riesce molto tiepidamente). In compenso Solo: A Star Wars Story è un riuscito western spaziale con sfumature caper e una forte componente action, che nonostante i generosi 134 minuti di durata riesce ad alternare passaggi dal ritmo vertiginoso a momenti di più ampio respiro, sempre mantenendo una fluidità di scorrimento che va a tutto vantaggio dell’esperienza cinematografica.
La sceneggiatura, che nella prima mezz’ora sembrerebbe procedere senza alcun guizzo, in realtà ha diversi assi nella manica da giocarsi durante il metraggio, mentre la fotografia dell’eccellente Bradford Young (DOP di Arrival di Villeneuve) è tra le migliori del franchise e ai costumi i veterani Crossman e Dillon danno il loro meglio.
A SORPRESA, FUNZIONA MEGLIO QUELLO DA CUI CI SAREMMO ASPETTATI MENO
I momenti nei quali lo script avverte tutta la pressione di rendere giustizia al personaggio sono evidenti – in una determinata scena il pensiero non potrà che correre al celebre incontro con Greedo, anche se il momento più importante per il canone è quello della rotta di Kessel – ma paradossalmente sono i passaggi non dedicati direttamente ad Han ad essere i veri punti di forza della pellicola.
Il film infatti riesce a rendere giustizia in modo sorprendente (e osando un po’) a due elementi senza i quali il title character non sarebbe lo stesso: il suo amico Chewbecca, che vediamo finalmente in una veste inedita e più indipendente, e il Millenium Falcon, che dopo questo film non vedremo più allo stesso modo.
Non è una sorpresa che il personaggio di Lando Calrissian funzioni particolarmente bene: la scrittura non è trascendentale, ma il casting del geniale Donald Glover (che fortunatamente non va sparando a caso alla gente come fa recentemente il suo alter ego Childish Gambino) è una scelta perfetta, che pare verrà suggellata da uno spin-off a lui dedicato nel prossimo futuro.
A funzionare in modo convincente nelle dinamiche di Star Wars sono anche il personaggio di Emilia Clarke e quello di Paul Bettany, però a convincere maggiormente è il mondo che orbita intorno al villain Enfys Nest, che siamo pronti a scommettere ritroveremo presto in qualche pellicola futura – e senza dubbio nell’universo espanso.
E poi, c’è una scena che potrebbe provocare un nerdgasm inaspettato (capirete immediatamente vedendola).
COSA DEV’ESSERE UN FILM DI STAR WARS?
In conclusione Solo: A Star Wars Story è un film nei confronti dei quali bisogna necessariamente contenere le aspettative: l’Han Solo di Harrison Ford è insostituibile, ma più si cerca di non fare paragoni e più l’insieme funziona a dovere. Da un film di Guerre Stellari è lecito aspettarsi creatività, avventura, azione, divertimento, personaggi moralmente collocati in una zona grigia e tanti elementi del cinema western e chambara (è da lì che viene tutta l’ispirazione di Lucas). Se questo è il metro di giudizio, non possiamo che dirci più che soddisfatti. Ora abbiamo voglia di vedere altre storie sulle truppe di fanteria dell’Impero, di esplorare il passato di Enfys Nest, di seguire il futuro dell’Alba Cremisi, di rivedere Lando in azione e, perché no, di vedere un nuovo film con questo Han Solo. Ormai lo shock iniziale l’abbiamo superato.