LA PERSISTENTE
di Camille Lugan
(Francia, 22 minuti)
Il corto ci porta in un resort sciistico, da qualche parte nei Pirenei francesi. Ivan vive praticamente per la sua motocicletta, che percepisce quasi come un essere capace di intendere, amare, e vivere. Le ha dato addirittura un nome: La Persistente. Quando un rivale del posto lo separa dalla Persistente, l’idea di tornarne in possesso diventa per Ivan una vera ossessione.
Non è ben chiaro il percorso narrativo che unisce perversamente uomini e macchine, sensualità e olio motore, montagna e vendetta, ma quel che è certo ai nostri occhi è che Camille Lugan gira con una maturità e un talento rari, e che il suo è il più cinematografico dei corti della Semaine de la Critique. La Lugan fa quel che dovrebbe essere naturale in un corto: osa, e anche se il risultato non sempre fila liscio, è evidente la straordinaria ambizione di questa giovane videomaker che, con il giusto sceneggiatore, potrebbe diventare uno dei nuovi nomi più interessanti del panorama francese.
A WEDDING DAY
(Un jour de marriage)
di Elias Belkeddar
(Algeria, 15 minuti) / Premiato con il Canal+
Karim è un truffatore francese in esilio in Algeri, che vive di espedienti e frodi. La capitale algerina diventa così una prigione a cielo aperto, nella quale Karim tira a campare circondato da personaggi poco raccomandabili.
Con una narrazione essenziale, Belkeddar gioca di contrasti tra il matrimonio del titolo e il purgatorio senza speranza in cui trascorre la propria vita il protagonista. I contrasti sono ottimamente resi dalla fotografia che più si avvicina ai singoli e più diventa forte nel carattere e nei colori. Notevole il pittoricismo delle panoramiche dalle tinte calde, in cui i raggi di un sole al declinare restituiscono un’Algeri diversa dallo stereotipo.
THE TIGER
(Tiikeri)
di Mikko Myllylahti
(Finlandia, 10 minuti)
Un padre torna a casa ubriaco in una sera d’inverno. Tiger è nella sua stanza, mentre sua madre dorme sul divano. Di lì a poco nasce un litigio, l’uomo prende un fucile e la donna e il ragazzo fuggono in casa. Segue un silenzio assordante, e Tiger vuole tornare indietro per affrontare la situazione, facendo i suoi primi passi verso l’indipendenza.
Il giovane protagonista si fa chiamare Tiger in virtù del costume da tigre che indossa perennemente e dentro il quale si nasconde. È evidente la volontà di Myllylahti di costruire la quasi interezza del suo corto sull’appartenenza del protagonista ai furries, ovvero a quella comunità di individui che sceglie di negare il proprio volto alle interazioni sociali, preferendo farsi rappresentare da un costume peloso rappresentante qualche animale. È proprio in questa comunità che Tiger troverà un senso di identità, e cioè nell’eclissi del sé. L’intento del videomaker è chiaro e apprezzabile, ma l’insieme sembra costruito ‘a tesi’ sull’immagine finale ed è evidente che un metraggio più ampio avrebbe permesso alla storia di fiorire.
HECTOR MALOT: THE LAST DAY OF THE YEAR
(Ektoras Malo : I Teleftea Mera Tis Chronias)
di Jacqueline Lentzou
(Grecia, 23 minuti) / Premiato con il Leica Cine Discovery Prize
L’anno sta finendo, e Sofia fa un sogno di cui non parla a nessuno, in cui scopre di essere malata. Momenti di quotidianità si susseguono sospesi tra un’angoscia onnipresente e il bisogno di far finta di nulla, mentre le incertezze tipiche dell’età della protagonista affiorano a confermare l’incertezza. Un ciclo si chiude e uno si apre.
Ottimamente girato con un linguaggio di macchina che nei movimenti rispecchia il sentire dello script, il corto vincitore della Semaine de la Critique decide di dedicare la sua durata di oltre venti minuti quasi interamente alla protagonista, in un percorso che ritraendo uno spaccato biografico sembra in realtà voler parlare per allegoria della situazione della Grecia. È proprio la debolezza dell’identità di un paese fragile, con un presagio di malattia e una promessa di rinnovamento, a rendere profondo il corto e a offrire un interessante doppio piano di lettura.