Arriva nei cinema dal 31 maggio con Kitchen FIlms L’Arte della Fuga (L’Art de La fugue), commedia francese di Brice Cauvin del 2014, con Laurent Lafitte, Guy Marchand e Didier Flamand.
Tratto dal romanzo americano di Stephen McCauley The Easy Way Out, questo ritratto borghese della Parigi bene segue le peripezie amorose di tre fratelli: Gerard (Guy Marchand), il primogenito che deve fare i conti con un doloroso divorzio; Antoine (Laurent Lafitte), il figlio di mezzo, che non regge più i segreti e le bugie di una relazione con il compagno che dura ormai da dieci anni; e il più giovane, Louis (Nicolas Bedos), nel mezzo di un affaire con una donna più grande nonostante il fidanzamento imminente con l’amore dei tempi del liceo, Julie (Elodie Frege).
Tre bambini in corpi di adulti, che tramite improbabili espedienti tentano di fuggire dalle loro responsabilità ed errori, rinfacciandosi fallimenti e ipocrisie, con il benepiacito degli ormai anziani genitori (Didier Flamand e Marie-Christine Barrault) che a loro volta ignorano il loro coinvolgimento nella formazione disastrosa dei figli.
Solo Ariel (Agnes Jaoui, che co-firma la sceneggiatura con il regista Brice Cauvin e Raphaelle Desplechin), l’amica con qualche chilo di troppo e tanta esperienza in fallimenti amorosi di Gerard sembra aver trovato un particolare equilibrio, conscia del fatto che, a differenza delle strategie evasive dei tre fratelli, i problemi non scompaiono ma vanno affrontati e risolti.
L’Arte della Fuga è un film sentimentale ma, grazie al consueto garbo che contraddistingue l’umorismo francese, riesce a garantire i toni brillanti tipici delle commedie d’oltralpe, con qualche minima concessione al terreno della dramedy. La scelta di un approccio corale richiama evidentemente una matrice teatrale, ma la resa a schermo porta a volte a perdere il focus sui protagonisti principali e a rendere la vicenda eccessivamente dispersiva.
Cauvin cerca di mettere ordine nei mille rivoli della storia privilegiando alcuni passaggi narrativi a danno di altri, ma l’operazione riesce solo parzialmente e il risultato è che alcune delle peripezie amorose si risolvono in modo tanto sbrigativo da ‘sparire’ nell’insieme, mentre altre si dilungano molto più di quanto non sarebbe necessario. Le commedie sentimentali in genere non brillano poi per originalità, e in tal senso L’Arte della Fuga non fa eccezione, ricorrendo a situazioni e soluzioni che non appassionano uno spettatore che le ha già incontrate in mille altre occasioni.
Al netto delle suddette forzature e banalità, la pellicola riesce comunque a soddisfare la richiesta di un pubblico che cerca un titolo gradevole, capace di regalare 100 minuti che nella loro canonicità non rappresentano una sfida alle aspettative della sala ma nemmeno promettono di restare nella memoria.