Our Time Will Come, pellicola in concorso all’Asian Film Festival di Bologna, è un film dove la regista cinese Ann Hui va alla ricerca delle origini di Hong Kong. Presentato allo Shanghai Film Festival, in concomitanza con il ventesimo anniversario del ritorno della città sotto il controllo cinese, il lungometraggio ha ricevuto un’ottima accoglienza da parte della critica di tutto il mondo e si è guadagnato numerose nomination e molti premi nei principali festival dell’Estremo Oriente.
GLI ABITANTI DI HONG KONG CONTRO L’INVASIONE GIAPPONESE
Fong Lan è una giovane insegnante hongkonghese che si unisce alla resistenza che si sta organizzando per cacciare gli invasori giapponesi dalla città. Il suo mentore è Blackie Lau, un giovane rivoluzionario che guida la rivolta in prima linea e che le affida il compito di organizzare una divisione cittadina per fornire supporto ai guerriglieri, oltre che trovare altri cittadini desiderosi di mettersi in gioco per la propria città natale. Fong Lan rinuncia a qualsiasi cosa pur di liberare Hong Kong, mettendo in pericolo se stessa e chiunque le stia intorno, anche la sua anziana madre.
UN FILM STORICO REALISTICO E BEN SCRITTO
Our Time Will Come è un film storico molto diverso da quanto ci si aspetterebbe. Ann Hui evita la rappresentazione barocca (tipica del kolossal) delle rivolte che hanno cacciato i giapponesi dal suolo di Hong Kong, preferendo invece puntare su una narrazione molto legata all’umiltà dei personaggi che ne hanno preso parte. Non sono state fatte quindi né ricostruzioni in studio né grandi e sfarzose scene corali, i ritocchi fatti in computer grafica sono pochissimi (e, va detto, non proprio riuscitissimi) e la narrazione non scade praticamente mai nella retorica partigiana, secondo cui le distinzioni tra le due parti in campo sono nettissime. Questo aspetto deriva probabilmente dalla natura della pellicola stessa, che nasce come ibrido tra finzione e scene documentaristiche girate in bianco e nero in cui i sopravvissuti raccontano ciò che ricordano della guerra e della signorina Lan.
La regista mette in scena una storia che prende vita grazie ai suoi protagonisti, presentati con estrema sincerità e senza glorificazioni fuori luogo: Fong Lan, sua madre, Blackie Lau e tutti i comprimari sono caratterizzati dal loro essere umani e dal loro obiettivo comune. Ognuno di loro sa che la libertà si può ottenere solo compiendo dei sacrifici; c’è chi come Blackie lo accetta senza batter ciglio e chi ne è terribilmente spaventato come l’anziana signora Lau, che però alla fine decide di sacrificare la propria vita per un bene visto come superiore.
La sceneggiatura è ben scritta e solo in alcuni momenti si ha l’impressione che la narrazione tenda a semplificare troppo per evitare stalli, mentre la regia si occupa di rendere estremamente credibili sia gli avvenimenti che i protagonisti (grazie anche alle ottime performance attoriali di Zhou Xun e Eddie Peng); come già accennato, le uniche scene in cui Our Time Will Come soffre sono quelle in cui fa capolino la CGI, che viene utilizzata per mostrare dettagli a volte anche superflui e dalla resa scenica traballante.
Meravigliosa invece la colonna sonora del giapponese Joe Hisaishi (storico collaboratore di Takeshi Kitano e Hayao Miyazaki), così come splendida è l’ultima sequenza del film in cui i reduci dell’epoca tornano alle loro vite di tutti i giorni, in una Hong Kong ripresa per la prima volta nella sua modernità e nella sua imponenza.