The Song di Tiphaine Raffier, prodotto in Francia e della durata di 31 minuti, è uno dei corti presentati in anteprima mondiale alla Quinzaine des Réalisateurs 2018, nell’ambito del 71° Festival di Cannes. È disponibile in streaming gratuito fino al 17 giugno su Festival Scope.
Se il mix di colori tenui, disagio sociale e infanzia di Las Cruces riporta in qualche modo alla mente The Florida Project, non possiamo non pensare al film di Sean Baker anche guardando i primi minuti di The Song (La Chanson) di Tiphaine Raffier, che nella sua mezz’ora di durata ci porta in una cittadina costruita vicino e in contemporanea all’allora Euro Disney, nella quale le architetture sono copie di edifici tedeschi o italiani, nell’aria vengono diffuse canzoni pop o musica classica ed esiste un acquario che riproduce una natura artificiale e finta quanto tutto quel contesto. Non proprio il Magic Castle Motel – non abbiamo quella medesima situazione di disagio – ma nemmeno qualcosa di troppo diverso.
Un’ambientazione fondamentale per il corto, che a più riprese e da diverse angolature ci ricorda le parole del filosofo situazionista Guy Debord, quando nel suo La Società dello Spettacolo sosteneva che «Tutta la vita delle società in cui regnano le moderne condizioni di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione.». Sembra infatti essere proprio questa l’idea che sottende tanto all’imperialismo culturale alla base delle varie grandi o piccole Disneyland, quanto ai consumi vocazionali che sostituiscono l’espressione di sé con la replicazione di un modello identitario: entrambi temi in qualche modo importanti in La Chanson, in cui la regista sembra volerci far presente che siamo tanto presi a riconoscerci nei mondi immaginari e nei personaggi che amiamo, da finire per scordarci della nostra stessa essenza.
The Song, superata la digressione storica sulla nascita di Disneyland Paris, ci presenta una ragazza orfana che ha ereditato un’ingente somma dalla madre, con la promessa in punto di morte di prendersi il giusto tempo per trovare il lavoro adatto a lei. Le opportunità occupazionali scarseggiano, mentre la protagonista profonde tutte le proprie energie in una tribute band che ha messo su con due amiche, con le quali progetta di partecipare a un concorso riproducendo con precisione maniacale una performance degli ABBA. Per Pauline, Barbara e Jessica quell’esibizione sembra la cosa più importante del mondo, quando la protagonista ha un’improvvisa presa di coscienza di quanto le loro vite siano basate sull’emulazione e decide di intraprendere un progetto musicale solista in cui recita le specifiche tecniche di alcuni oggetti tecnologici obsoleti accompagnata da dei tappeti di synth. Lo sconcerto delle amiche e il disfacimento della cover band degli ABBA avvieranno un percorso che ci porterà addirittura nel 2033, in cui un cataclisma avrà stravolto la realtà di quelle tre vite.
Il talento della Raffier è assolutamente sorprendente e The Song è un piccolo film pieno di idee, divertente, magnificamente girato e intelligente. Il mondo paradossale messo in scena dalla giovane autrice d’oltralpe si regge su un rekombinant di generi e di toni che sfugge a ogni definizione: dalla forma documentaria che racconta la nascita nel cuore della Francia del paradiso plastico del gigantesco parco giochi (con un piccolo spaccato storico e socio-antropologico che da solo varrebbe tutto il film), si passa ai toni da commedia per poi arrivare a un finale del tutto imprevedibile e decisamente paradossale. In tutto questo la cifra della Raffier sfiora più volte l’assurdo, regalando momenti esilaranti (come raramente se ne vedono in un corto) ma proponendo anche una vivida e indiretta critica sociale e offrendo un’analisi tutt’altro che superficiale del nostro bisogno di seguire dei modelli preconfezionati e di seguire i percorsi già tracciati da altri. Senza dubbio il miglior corto della Quinzaine des Réalisateurs.