Presentato al Biografilm Festival – International Celebration of Lives e in sala con I Wonder Pictures dal 20 al 23 gennaio per una release limitata, M.I.A. – La Cattiva Ragazza della Musica (titolo originale Matangi/Maya/M.I.A.) è un assemblaggio di vecchi filmati amatoriali girati dalla sua protagonista. Non un documentario in senso proprio, ma quasi uno “spot” per l’autrice di Arular.
M.I.A. – La Cattiva Ragazza della Musica è perennemente “in cerca d’autore”. Dopo che nel 2013, ben cinque anni fa, un trailer di questo documentario era uscito su internet senza il volere dell’autore (come si dice in gergo “leakato”), Stephen Loveridge (il suo regista) aveva minacciato di mollare il progetto. A dire la verità, il film è per la maggior parte girato da Mathangi Arulpragasam, in arte M.I.A., popstar che ha raggiunto la celebrità grazie a Paper Planes (parte della colonna sonora di The Milionaire) e in particolare per merito di un featuring con Madonna e una performance con Jay-Z quando “Maya” era incinta di nove mesi.
Il lavoro di Stephen Loveridge è stato giusto quello di assemblare e montare pezzi di filmati che Mathangi ha girato durante gli anni, da quando ancora era una adolescente in Sri Lanka fino al grande successo mondiale ottenuto in America. Per quanto la vita di questa popstar sia senza dubbio adatta ad un documentario, Matangi/Maya/M.I.A. aveva bisogno di una supervisione diversa, del lavoro di qualcuno che riuscisse a dare un senso compiuto ad un documentario delirante, fatto di salti temporali confusionari e latente dal punto di vista della coesione logica. “In cerca d’autore”, appunto.
Presentato all’ultimo edizione del Sundance, il film “di” Stephen Loveridge ripercorre la vita contraddittoria di una delle più grandi provocatrici degli ultimi anni. Figlia di un terrorista dello Sri Lanka, l’infanzia di Maya è divisa fra un periodo di vita in India e di qualche sporadico ritorno in patria, anche se la maggior parte dell’adolescenza la vive nei sobborghi di Londra come rifugiata. In questo ambiente impara a conoscere la cultura occidentale, appassionandosi in particolare a musicisti come Public enemy e N.W.A.. Date le sue inclinazioni artistiche, Mathangi decide di iscriversi ad una accademia delle belle arti di Londra, nella quale però si forma come regista e non come produttrice musicale.
Di questo infatti è costituito M.I.A. – La Cattiva Ragazza della Musica: home movies, filmati amatoriali che nel corso degli anni sono stati girati dal popstar dello Sri-Lanka. È interessante notare come questi lavori sembrino essere stati girati proprio per un futuro documentario, come se Maya sapesse già all’epoca che sarebbe diventata una stella di questo calibro. Durante il film impariamo a conoscerla; si apprende della sua passione per l’arte, del suo burrascoso rapporto con il padre terrorista, della sua storia d’amore con il produttore DIPLO e soprattutto dei libri che ha letto per conoscere meglio la storia degli afroamericani.
Essendo M.I.A. la protagonista e l’autrice di questo documentario, è difficile prenderlo come un lavoro “completo”. Si tratta più di una autocelebrazione nella quale si vuole dimostrare come Mathangi sia impegnata politicamente, geniale musicalmente e in qualche modo vittima della censura. Nella parte finale di M.I.A. – La Cattiva Ragazza della Musica si vede quando l’artista fece il “dito medio” alla telecamera durante una esibizione del Super Bowl, scatenando l’ira dell’opinione pubblica americana. In realtà Maya una vittima proprio non è, almeno non più. M.I.A. è una furbissima e capace popstar che, dopo un passato tremendo, è riuscita a conquistare il mondo grazie ad una buona dose di talento e ad un ottimo lavoro di marketing. Avrebbe fatto bene al documentario di Loveridge avere un contraddittorio, sentire pareri differenti di persone attorno a Mathangi (sia fan che detrattori). In assenza di ciò, il film diventa una lunga pubblicità di ’90 minuti.