C’è un momento, intorno alla metà di Return of the Hero, in cui Elisabeth, l’eroina della pellicola che fino a quel punto si è finta il promesso sposo della sorella scrivendole lettere a suo nome, deve fare non solo i conti con la realtà – ovvero che l’uomo in questione è vivo ed è davvero tornato dalla guerra – ma anche con il vedersi strappare dalle mani la sua stessa creazione – ovvero quell’ideale di eroe che aveva descritto nelle sue lettere. Per una commedia in costume basata principalmente sul quid pro quo, è interessante vedere quantomeno accennata la questione dell’autorialità, questione che in Return of the Hero (Le Retour du héros), nuova pellicola di Laurent Tirard presentata all’Edinburgh Film Festival, si arricchisce anche di sfumature che toccano la sfera degli stereotipi di genere.
Siamo agli inizi dell’Ottocento e l’aitante Capitano Neuville (Jean Dujardin) è promesso sposo di Pauline (Noemie Merlant). Non appena il lieto evento viene ufficializzato, il Capitano viene immediatamente richiesto al fronte di una delle numerose guerre napoleoniche e sparisce all’orizzonte promettendo, vacuo, di scrivere presto. A casa resteranno i genitori increduli, una Pauline incapace di reagire e già prona alla disperazione e la sorella maggiore Elisabeth (Melanie Laurent), che nutre da sempre uno spiccato disprezzo nei confronti dell’uomo. Passano le settimane e, come da copione, nessuna missiva viene recapitata gettando Pauline in uno stato di completa apatia. Per salvarla, Elisabeth decide, con fin troppa innocenza, di scriverle una lettera firmandosi come Capitano Neuville. Così facendo si ritrova ben presto costretta a continuare nella farsa alimentando un mito nei confronti del Capitano che culmina nell’erezione di una statua a sua immagine nel cuore del villaggio. Quando il vero Neuville, coperto di stracci e vergogna, ritorna in anonimato dopo aver disertato il suo reggimento non si fa sfuggire l’occasione di vestire i panni di quel Capitano che ormai popola l’immaginazione di tutti e riguadagnare quindi la sua posizione sociale.
Sfidandosi costantemente a colpi di arguzia, sano cinismo e odio malamente celato, Neuville ed Elisabeth si dividono equamente il peso di una pellicola leggera e piacevole in cui si prendono in giro con intelligenza vizi e virtù dell’aristocrazia francese di inizio Ottocento. Ma, come si diceva, una delle cose che più colpiscono in Return of the Hero è proprio l’attenzione riservata al personaggio di Elisabeth e al suo ruolo di autrice anonima di quello che, con un piccolo sforzo di immaginazione, può essere tranquillamente considerato un romanzo epistolare di notevole successo. La forza della donna, infatti, non sta solo nella sua incredibile immaginazione ma anche, e soprattutto, nella perseveranza e nel perfezionismo. La vediamo infatti, in fugaci sequenze, immersa nei libri per dare alle sue missive veridicità consultando cartine geografiche ed enciclopedie. Ma Elisabeth non manca neppure di abbandonarsi a licenze poetiche trasformando ben presto Neuville in un eroe romantico in piena regola.
Lo scontro tra realtà e finzione è invece ciò che dà carburante alla maggior parte del film. Quando il Capitano fa davvero il suo ritorno al villaggio, Elisabeth si vede strappata non solo della propria autorialità ma assiste anche alla caduta della sua creatura sotto i colpi dell’appropriazione altrui. Neuville infatti, se inizialmente si presta a essere istruito dalla donna sulle imprese dell’eroe a giro per il mondo così da narrarle con fedeltà al suo nutrito pubblico, ben presto inizia ad aggiungere il suo personale estro alla narrazione apportando modifiche talvolta sostanziali.
In uno scambio continuo di stoccate volte al detrimento dell’altro con battute che non sempre sortiscono l’effetto sperato, Tirard riesce a trovare anche il tempo di affrontare, seppure con leggerezza, il trauma del soldato che ha vissuto l’esperienza della guerra e da cui ne è rimasto evidentemente scosso. Se, al pubblico contemporaneo, verrà difficile condannare un uomo per essere fuggito da un teatro di guerra in un momento di debolezza, lo stesso non si può dire per l’opinione pubblica ottocentesca facendo quindi della diserzione di Neuville un tabù. Sebbene non sia affatto l’eroe probo e coraggioso che tutti credono, al Capitano verrà comunque concessa l’occasione di redimersi nonostante, a conti fatti, il personaggio riesca a non perdere la sua, per così dire, integrità di bonario farabutto.
Sorretto da un’ottima interpretazione di Dujardin, che regala brio e sfumature a un personaggio già ben scritto sulla carta, Return of the hero trova la sua forza anche nella sua co-protagonista e nei comprimari, tutti personaggi ben caratterizzati e a tuttotondo. Riuscendo a tirare fuori il meglio da un soggetto che non prometteva faville, la pellicola funziona, regalandoci anche ottime scenografie e costumi per un film dove l’apparenza risulta senza dubbio fondamentale.