Sarah (Alexandra Essoe) è una giovane cameriera di un fast food che sogna di diventare una grande attrice di Hollywood. Divide le sue giornate tra lavoro e mille provini quando finalmente una casa di produzione la prende in considerazione per una parte da protagonista in un film horror. Al colloquio finale però il produttore della pellicola, ambiguo leader di una setta, chiede a Sarah favori sessuali in cambio del ruolo. Accettare la proposta, legandosi in questo modo senza rendersene conto a poteri oscuri, rappresenta per l’aspirante star l’inizio di un incubo fatto di sangue e morte.
Starry Eyes, secondo lungometraggio dei registi Kevin Kölsch e Dennis Widmyer ora disponibile in blu-ray e DVD Midnight Factory, è un horror indipendente che tratta tematiche dal sapore faustiano. Nella prima parte del film infatti i registi (che hanno curato anche lo script) si concentrano sul racconto della solitudine della protagonista e del suo bisogno evidente di differenziarsi da quegli amici con cui condivide il sogno di diventare una star ma che disprezza per via della loro mediocrità. Quando Sarah, stanca di esser derisa da chi non esita a ricorrere a ogni espediente per avere successo, cederà alle lusinghe del produttore, la pellicola cambierà completamente registro e il plot, che nella prima parte aveva una struttura da thriller, sfodererà tutta la sua vena horror e splatter. Il decadimento fisico di Sarah, conseguente a quello morale, verrà raccontato senza mezze misure, mostrando dettagli talmente duri e crudi da scuotere lo spettatore, sullo sfondo glamour di una Hollywood bellissima e irraggiungibile per chi non è disposto a perdere la propria dignità.
Starry Eyes parla non solo della natura oscura del mondo patinato della Città dei Sogni – argomento assolutamente attuale dopo il caso Weinstein – ma della crudeltà insita nell’uomo: non è un caso che i registi abbiano deciso di estendere le molestie e le derisioni nel fast food in cui Sarah lavora o all’interno della sua cerchia di amici, dimostrando come la difficoltà di un riconoscimento personale e professionale appartenga un po’ a tutti i contesti. Ma ciò non significa che Sarah sia solo una vittima: se è vero che le pressioni della vita la portano ad arrendersi letteralmente a quello che è a tutti gli effetti un atto di prostituzione (i due cineasti non la giudicano per questo), a fare di lei un mostro e una carnefice è l’ambizione sfrenata che non si ferma davanti a nulla, tantomeno – come insegna il Macbeth shakespeariano – all’omicidio.
Starry Eyes è un’opera che si prende i suoi tempi, scatenando la sua anima orrorifica solo nella seconda metà: l’intenzione dei registi non è quella di giocare con il pubblico utilizzando continui colpi di scena in grado di suscitare sgomento e paura ma, preparando il terreno con una profonda immersione nella psicologia della protagonista (con precise scelte registiche che favoriscono l’immedesimazione nei confronti di Sarah), raccontare la corruzione morale attraverso una mostruosità esteriore (scomodando ancora una volta Shakespeare, volgiamo il pensiero al Riccardo III). Parafrasando un detto popolare, la strada per l’inferno è lastricata di cattive intenzioni, e questa parabola sulla fama che sconfina nel genere più estremo ce le racconta tutte.