Dopo l’uscita cinematografica di Tutti I Soldi Del Mondo, l’ultimo film del regista britannico Ridley Scott finito al centro dell’attenzione più per le vicissitudini legate a Kevin Spacey che per meriti oggettivi, anche la televisione racconta la vicenda del celebre rapimento di Paul Getty III, nipote del petroliere Jean Paul Getty. La serie antologica Trust dell’emittente via cavo FX, andata in onda in Italia su Sky Atlantic, è però un prodotto diverso rispetto al lungometraggio di Scott: lo show creato da Simon Beaufoy (Full Monty, The Millionaire e 127 Ore), nonostante sia ispirato alla cronaca nera, rilegge il caso Getty con un approccio ben diverso rispetto al solito biopic. Il risultato finale è un’opera che va ben oltre alle aspettative della vigilia, ma andiamo con ordine.
IL CASO GETTY COME NON È MAI STATO RACCONTATO
Nel corso di dieci episodi, Trust analizza nel dettaglio il rapimento Getty: il 10 luglio del 1973 John Paul Getty III (Harris Dickinson) viene sequestrato a Roma dalla ‘ndrangheta. I rapinatori confidano che il nonno del ragazzo, il miliardario Jean Paul Getty (Donald Sutherland), possa pagare il riscatto senza battere ciglio ma il vecchio magnate non vuole assecondare le richieste dei mafiosi. L’unica persona veramente interessata al giovane Getty è la madre Gail (Hilary Swank), la sola ad instaurare una sorta di dialogo con il clan che tiene in ostaggio suo figlio.
LA STORIA VERA DI UN UOMO CINICO ATTACCATO AL POTERE E AL DENARO
Dopo la miniserie Waco e la seconda stagione di American Crime Story (incentrata sull’omicidio Versace), il piccolo schermo continua nel 2018 a mettere in scena controversi casi di cronaca nera che hanno segnato un’epoca. Trust, attraverso il rapimento Getty, non soltanto cerca di fare luce su una vicenda dalle molteplici zone d’ombra ma riporta al centro dell’attenzione un personaggio del ‘900 molto particolare, Jean Paul Getty. Il magnate del petrolio, interpretato da un fantastico Donald Sutherland, viene rappresentato nella serie in maniera poco edificante: Getty infatti è un uomo incredibilmente spregiudicato che, all’interno della sua abitazione, si comporta come un tiranno (anche nei confronti delle numerose amanti che allietano le sue serate). La freddezza e il cinismo con cui gestisce la trattativa con i sequestratori del nipote prediletto fanno impallidire tanti grandi villain apparsi quest’anno al cinema e in TV; il ritratto della dinastia Getty fatto da Beaufoy e dai suoi autori inoltre è talmente duro da suscitare forti polemiche (la sorella di Paul Getty III, Ariadne, ha accusato Trust di essere non veritiero e diffamatorio).
UNA FANTASTICA REGIA, SUPPORTATA DA UNO SCRIPT DI GRANDE LIVELLO
I primi tre episodi diretti da Danny Boyle mettono subito in chiaro la grande qualità della serie FX: il regista inglese, grazie all’aiuto di una solida sceneggiatura, rappresenta in maniera egregia un’Italia anni ‘70 molto lontana dall’immaginario macchiettistico tipico di molte produzioni anglo-americane e, allo stesso tempo, sceglie di mostrarci la tenuta Getty come un ambiente tetro, degno di un film della Hammer (dove Sutherland incarna un character che ricorda molto il conte Dracula). Nel corso della stagione, quando lo show entra nel vivo spostandosi nel nostro paese, Trust acquisisce uno stile ben preciso, unendo le trovate visive di Fargo con un meccanismo narrativo che abbiamo già visto in American Crime Story (entrambi prodotti targati FX). Un’altra caratteristica vincente della creatura di Simon Beaufoy è la sua coralità: nonostante Donald Sutherland rubi la scena in ogni inquadratura, gli autori sono stati in grado di far emergere le personalità di tutti i personaggi, sia principali che secondari; il merito è anche degli straordinari interpreti che si sono alternati nel corso degli episodi, dal premio Oscar Hilary Swank a Brendan Fraser (nei panni del fixer James Fletcher Chace) passando per Harris Dickinson e Michael Esper (nel ruolo del figlio ribelle di Jean Paul Getty).
UN PLAUSO ANCHE AI TALENTI ITALIANI PRESENTI IN TRUST
Nello show la presenza italiana è molto forte: Trust non commette l’errore di utilizzare attori stranieri per il ruolo dei criminali (come in Tutti I Soldi Del Mondo) o di far interagire i personaggi italiani in lingua inglese (come è successo nella seconda stagione di American Crime Story); gli artisti di casa nostra coinvolti nel progetto sono tutti bravissimi, a partire da Giuseppe Battiston e Luca Marinelli (che nella serie impersona il rapitore più carismatico del clan, Primo). Oltre a loro, spiccano altri volti noti del nostro cinema (come ad esempio Donatella Finocchiaro) ma un plauso va anche ad Emanuele Crialese, il regista italiano che ha diretto lo splendido ottavo episodio ambientato interamente in Calabria.
Nonostante la serie non sia stata ancora ufficialmente rinnovata da FX, le intenzioni di Danny Boyle e Simon Beaufoy sono quelle di chiudere lo show alla terza stagione per raccontare nel dettaglio sia la giovinezza di Getty che i suoi ultimi giorni di vita (il loro obiettivo è analizzare i motivi che hanno portato il magnate ad essere ossessionato dal denaro, a scapito della sua famiglia). Una cosa è certa: Trust è una delle migliori novità seriali del 2018.