I meccanismi di risposta al dolore hanno molteplici forme: c’è chi si fa prendere dall’apatia, chi dalla rabbia, e chi invece decide di rifugiarsi nello sconfinato mondo della propria fantasia, trovando conforto in una realtà immaginaria plasmata a proprio piacimento, in cui chi tira le fila del gioco può decidere se essere una principessa o, come nel caso di I Kill Giants, una guerriera.
Tratto dalla graphic novel scritta da Joe Kelly e disegnata da J. M. Ken Niimura, il lungometraggio d’esordio del danese Anders Walter, premio Oscar al miglior cortometraggio nel 2013, approda su Netflix per la distribuzione italiana dopo essere stato presentato nella sezione “scoperte” del festival di Toronto, presentando anche in produzione nomi pesanti dell’industria cinematografica nord americana. Tra questi quello di Chris Columbus, il creatore dell’immaginario cinematografico di Harry Potter, nonché regista dei primi due film della saga; nome che permette di portare in dote un budget di 15 milioni di dollari, cifra importante considerando la natura prettamente indie dell’opera; soldi comunque ben spesi considerando la buona qualità della computer grafica nelle scene a tema fantasy.
Come nell’originale opera cartacea, la protagonista di I Kill Giants è Barbara Thorson (Madison Wolfe), un’adolescente a cui va stretta la categorizzazione fra i geek. Solitaria e introversa, l’unica preoccupazione della ragazza sembra essere quella di attirare per poi uccidere dei fantomatici giganti che altrimenti causerebbero la distruzione del suo mondo. Queste entità sono naturalmente invisibili agli altri esseri umani, e per questo la vita di Barbara prosegue come in una bolla d’apatia creata dalla ragazza, bolla da cui rimangono fuori tutti, anche la disperata sorella Karen (Imogen Poots), e che naturalmente la espone alle angherie dei bulli, da cui Barbara comunque non si fa sottomettere. La cupola di protezione di Barbara inizia a incrinarsi quando nella sua cittadina del New Jersey viene a vivere la britannica Sophia (Sydney Wade), con cui la ragazza inizierà un difficile rapporto d’amicizia ostacolato dall’occupazione segreta di Barbara. La psicologa scolastica Mollé, interpretata da una sorprendente Zoe Saldana, riuscirà lentamente a fare breccia nella cortina dietro cui si è rintanata Barbara e a fare uscire le verità nascoste dalla ragazza.
Lungi dall’essere un classico racconto sul bullismo (in molte sequenze sembra anzi che il vero bullo sia proprio Barbara), I Kill Giants è una pellicola che tratta il tema del rifugio dal dolore giocando sempre sull’ambiguità; la sceneggiatura di Joe Kelly (lo stesso autore della graphic novel) lascia spazio e dubbi e incertezze che verranno poi svelate solo nella parte finale della pellicola, riuscendo a far immergere lo spettatore all’interno del brutale mondo fantasy immaginato da Barbara, mostrandolo comunque lo stretto necessario ai fini dello sviluppo della storia, a causa anche di un budget che, sebbene risulti essere di tutto rispetto per la realtà indipendente da cui proviene, limita sullo schermo la presenza dell’elemento fantasy, il cui lavoro in computer grafica rimane comunque più che soddisfacente. In definitiva, I Kill Giants è un prodotto ben confezionato, girato bene e con una fotografia dasaturata che ben si sposa con il rapporto di Barbara con il mondo esterno, accusando però un’eccessiva lentezza nella parte centrale dell’opera e nella conclusione, dopo un primo atto invece decisamente convincente. Una pellicola che avrebbe potuto essere certamente qualcosa di più, ma che segna una tappa convincente nel percorso dei cinecomic indipendenti.