Il Golem – Come Venne al Mondo, capolavoro perduto di Paul Wegener datato 1920, è il film di pre-apertura della 75. Mostra del Cinema di Venezia, presentato in prima mondiale in una nuova copia digitale tratta dal negativo originale ritenuto perduto, con un restauro in 4K a cura della Friedrich-Wilhelm-Murnau-Stiftung di Wiesbaden (Germania) e della Cinémathèque Royale de Belgique (Cinematek) ed eseguito dall’Immagine Ritrovata di Bologna.
La proiezione de Il Golem è stata sonorizzata dal vivo con la musica originale del maestro Admir Shkurtaj commissionata dalla Biennale di Venezia, eseguita dal vivo dal Mesimèr Ensemble così composto: Hersjana Matmuja (soprano), Giorgio Distante (tromba in sib, tromba midi), Pino Basile (cupafon – set di tamburi a frizione, percussioni, ocarina), Vanessa Sotgiù (sintetizzatore, pianoforte), Iacopo Conoci (violoncello), Admir Shkurtaj (direzione, elettronica, fisarmonica, pianoforte).
Il Golem ci porta nella Praga del XVI secolo per raccontare il mito ebraico della creatura plasmata dall’argilla e portata in vita da un antico rituale esoterico. Il film segue le vicende del rabbino Loew (Albert Steinrück), che ricorre alla creatura magica per proteggere il suo popolo dalla cacciata ordinata dall’Imperatore (Otto Gebühr), il quale cambierà idea dopo esser stato salvato proprio dall’essere d’argilla. Sarà l’avventatezza di un servo geloso (Ernst Deutsch) a far crollare i delicati equilibri e scatenare la furia del Golem.
Il Golem è il terzo tentativo di Paul Wegener (che interpreta anche la creatura) di portare il soggetto sullo schermo, dopo due iterazioni precedenti (una datata 1914 e una 1917). La pellicola è girata con soluzioni sorprendentemente moderne, soprattutto per quanto concerne l’effettistica, ma a colpire sono le scenografie di matrice espressionista e gli incredibili costumi (a partire da quello del title character), che ancora oggi sanno sorprendere lo spettatore. Quello che però – al di là della volontà di Wegener – colpisce il pubblico moderno è una possibile chiave di lettura tecnologica della vicenda, che potrebbe tranquillamente essere la storia di un’intelligenza artificiale asservita dai suoi creatori che decide di ribellarsi (fino al finale geniale e perturbante).
Il restauro è un’operazione eseguita con meticolosità filologica e perizia tecnica straordinarie, ma proprio per questo la partitura scritta da Shkurtaj per accompagnare le immagini si rivela non all’altezza. Con sonorità anacronistiche affidate a sintetizzatori anni 80, la totale assenza del benché minimo nesso con ciò che accade sullo schermo, l’assenza di un tema ricorrente e la sua natura profondamente anticlimatica, più che una colonna sonora sembra una continua divagazione improvvisativa priva di alcun guizzo o ispirazione, in cui una noiosissima cacofonia è l’unica regola (tanto da fare scempio del grandissimo e rispettosissimo lavoro di recupero del film).
A dispetto di ciò le immagini de Il Golem sono tanto potenti da prendere rapidamente il controllo dell’immaginario dello spettatore, per una pre-apertura cui soggiace tutta la modernissima idea di cinema d’arte che è alla base del festival veneziano.