Quando Alberto Barbera ha annunciato che Erom (Stripped il suo titolo internazionale) sarebbe stato in concorso nella sezione Orizzonti della 75. Mostra del Cinema di Venezia ha specificato che esso è il primo tassello di una trilogia (la Love Trilogy) della quale in futuro faranno parte anche due capitoli chiamati Chained e Reborn.
Il progetto del regista e sceneggiatore israeliano Yaron Shani racconta fondamentalmente di due personaggi: Alice (Laliv Sivan), una scrittrice di successo di trentaquattro anni e Ziv (Bar Gottfried), un diciassettenne determinato a diventare un musicista di professione. La prima non riesce ad uscire di casa a causa degli attacchi di panico, mentre il secondo è costretto ad arruolarsi nell’esercito. In quanto vicini di casa, i due si incontrano un giorno per caso, cambiando per sempre le proprie vite.
Ciò che immediatamente destabilizza di Stripped è il fatto che tutte le frequenti nudità siano censurate o, per usare un termine gergale, “pixelate”. Dapprima la protagonista, mentre cerca di fare l’amore con il suo fidanzato e successivamente Ziv, mentre guarda mestamente dei video pornografici sul suo computer. Una scelta che può essere dettata dalle leggi israeliane (che magari vietano le nudità integrali) o da una semplice decisione artistica. Se fosse vero il secondo caso sarebbe francamente inspiegabile, dal momento che l’erotismo che vorrebbe uscire dalle scene del film viene arginato dai numerosi “pixel” sullo schermo.
Per come è girato, poi, Erom è un film alla Kechiche censurato, senza la sensualità che contraddistingue l’opera del regista francese. Lo stile di ripresa da semi-documentario, i dialoghi ordinari e la naturalezza con cui recitano gli attori sono alcuni dei leit-motifs della poetica del cineasta palma d’oro. Il problema del film di Yaron Shani sono i tempi dilatati e il ripetersi degli avvenimenti (addirittura c’è una sequenza con Bar Gottfried che compare praticamente identica per tre volte consecutive).
Insomma, il primo capitolo della The Love Trilogy non fa ben sperare per i due film successivi. I problemi sono innanzitutto a livello editoriale, poiché più che una trilogia, il progetto di Yaron Shani è un singolo film di sei ore che non è in grado di sostenere una durata così elevata. Da elogiare, invece, il grande lavoro dei due attori, bravissimi e molto credibili in ogni singola scena