Solitamente si dice che la seconda opera sia più difficile per un cineasta – o per un artista in generale – e per questo la curiosità intorno a Dark Crimes di Alexandros Avranas era tanta: dopo l’esordio dietro la macchina da presa con un piccolo film malamente distribuito per il solo mercato greco, il regista della Tessaglia aveva esordito fra i “grandi” portandosi a casa un Leone d’Argento alla 70esima mostra di Venezia con il suo Miss Violence, successo coronato anche dalla Coppa Volpi vinta da Themis Panou come miglior interprete maschile. Un esordio internazionale da incorniciare e che naturalmente proiettava grosse attenzioni e pretese sul regista greco, portandolo al centro di produzioni gioco forza più importanti, ma non necessariamente più inclini al proprio stile.
È proprio su queste basi che dev’essere stato affidato al regista greco Dark Crimes (in sala dal 6 settembre con 102 distribuition), trasposizione su pellicola di un vero e proprio dramma legale raccontato per la prima volta da un articolo di David Grann (potete trovarlo qui se siete interessati). Una pellicola che vede il ritorno in sala di un irriconoscibile e barbuto Jim Carrey nei panni del disilluso poliziotto polacco Taddek, un ruvido detective che sprofonda lentamente in un cold case legato al mondo del sesso estremo, convinto che l’autore di un libro legato al The Cage (questo il nome del club) descriva su pagina il brutale omicidio di un frequentatore del club. Lo sviluppo della pellicola segue lo sprofondare di Taddek e della sua famiglia in un vortice di paranoia e violenza, tutta incentrata sulla complicata caccia al topo messa in moto dal detective nei confronti di Kozlov (Marton Csokas), l’autore del libro.
Pellicola prodotta a metà fra Stati Uniti e Polonia (paese in cui avviene il caso descritto dall’articolo di Grann), Dark Crimes è una pellicola che nonostante possa fare affidamento su artisti di tutto rispetto per una produzione di media grandezza (oltre a Jim Carrey e Csokas nel cast si può trovare anche Charlotte Gainsbourg) stenta a trovare un qualsiasi appiglio con cui far leva sullo spettatore, sprecando, oltre al già citato cast, anche un soggetto tutto sommato interessante, che avrebbe forse meritato un trattamento differente invece di trovarsi appiattito su una sceneggiatura estremamente didascalica.
Il lavoro di portino sullo schermo di Jeremy Brock, onesto mestierante che annovera anche una candidatura ai BAFTA per lo screenplay scritto a quattro mani con Peter Morgan de L’Ultimo Re di Scozia, è gravemente insufficiente, non riuscendo mai a dare mordente alle battute ed eccedendo in descrizioni assolutamente non necessarie. Non esente da colpe è anche lo stesso Avranas, che dimostra di trovarsi poco a suo agio con materiale neo-noir, dando invece il meglio nel tragico ritratto di Kasia, la prostituta portata in scena da Charlotte Gainsbourg – unico aspetto positivo oltre a Jim Carrey di una pellicola altrimenti dimenticabile.
L’impressione è che il materiale di partenza non sia stato congeniale al regista sin dalle prime battute, pertanto non rimane che considerare Dark Crimes un passo falso sperando che nei lavori futuri il cineasta greco ritrovi quello sguardo che gli è valso un’accoglienza tanto entusiastica per il suo film precedente. Per quanto concerne Jim Carrey, meglio concentrare la nostra attenzione su Kidding, la nuova serie Showtime diretta da Michel Gondry che lo vede protagonista.