“L’inchiostro nero della firma del re sulle leggi razziali era un unico filo, che man mano si era ingrossato ed era diventato una rotaia che portava ad Auschwitz”: la Senatrice a vita Liliana Segre usa questa immagine, simbolica e potentissima, per descrivere l’aberrante parabola che portò l’Italia a intraprendere la politica della “difesa della razza”. Esattamente ottant’anni fa, il 5 settembre del 1938, il regime fascista iniziò a varare dei regi decreti legge (firmati prima da Benito Mussolini e poi promulgati dal Re Vittorio Emanuele III) che privarono i cittadini ebrei dei principali diritti civili, costringendoli di fatto a diventare italiani di serie B. Solo qualche anno dopo, con l’occupazione tedesca del paese, la persecuzione giuridica diventò persecuzione fisica, con l’Italia complice delle deportazioni di massa verso i campi di sterminio nazisti.
I sintomi della deriva razzista
Ma 1938 Diversi, il documentario di Giorgio Treves presentato fuori concorso alla 75° Mostra del Cinema di Venezia, arriva alla pagina più vergognosa della storia d’Italia solo nelle scene finali. Il suo racconto parte da lontano, fin dalla salita al potere del fascismo, passando in rassegna tutti i singoli episodi che rappresentavano i primi sintomi di quella deriva discriminatoria ai danni degli ebrei italiani. Dalla guerra d’Etiopia alla macchina propagandistica nell’istruzione e nei media (compreso il Cinema), dalle vignette “satiriche” contro la cultura ebraica al “Manifesto degli scienziati razzisti”. Contro ogni revisionismo storico Diversi mostra il crescente razzismo del regime non come un effetto collaterale dell’alleanza bellica con la Germania hitleriana ma una caratteristica intrinseca del fascismo stesso. Un bisogno ossessivo di individuare nemici, bersagli, diversità.
Le contraddizioni nel paese
In questo racconto cronologico l’opera di Treves alterna documenti storici, testimonianze personali e piccoli frammenti di vita recitati da diversi attori (fra cui Roberto Herlitzka). intervallando la narrazione con animazioni in bianco e nero, là dove la nostra immaginazione non riesce ad arrivare (come la triste storia di un bambino escluso da una scuola elementare di Genova perché ebreo). Si sofferma anche su singoli episodi, spesso poco conosciuti, come l’assalto alla Sinagoga di Ferrara del 1941 o come le decine di minuti che bastarono al parlamento italiano per approvare i primi decreti legge in materia di discriminazione razziale. Ma le parti più interessanti di 1938 Diversi sono quelle in cui si scava nelle contraddizioni stesse di quell’Italia in cui germogliò il razzismo di Stato. Un paese in cui la comunità ebraica era fortemente integrata e ricopriva spesso cariche importanti tanto da essere anche una parte attiva nel Partito Nazionale Fascista che contava diverse centinaia di iscritti ebrei. Altro elemento fondamentale per capire quanto la spinta ideologica del fascismo e il mito della razza italica influenzò in modo determinante la percezione di milioni di italiani.
In questo modo Treves racconta una genesi del male che non è affatto visibile, ma piuttosto silenziosa, strisciante e infine incombente. Non ci sono colpi di teatro o sterzate improvvise: l’aberrante si raggiunge in modo progressivo, come quella firma del Re sulle Leggi Razziali che diventa a poco a poco binario verso la morte. Proprio per questo 1938 Diversi non è solo un documento prezioso sugli sconvolgimenti collettivi e intimi di quelle vicende, ma anche un monito necessario verso il rischio i bissare quegli orrori anche nella nostra contemporaneità.