Presentato alla 75 Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia fuori concorso e disponibile in streaming su Festival Scope, Introduzione all’oscuro ha trovato nella sezione “Non fiction” la sua collocazione ideale. Il lavoro del regista argentino Gastòn Solnicki non è sicuramente un film di finzione ma sicuramente non è neanche completamente un documentario ed è perfino borderline anche con lo stesso concetto di cinema, per il quale, oltre agli aspetti creativi, artistici e tecnici, si intenda che abbia anche fini commerciali. E questo non perché Introduzione all’oscuro non possa trovare un suo pubblico che lo apprezzi, anzi. Quanto perché Solnicki dal primo fotogramma (“Dopo la morte del mio amico più stravagante ho viaggiato per Vienna in un lutto maniaco”) all’ultimo sembra aver prodotto un lavoro per sé stesso più che per il pubblico.
Hans Hurch è stato per vent’anni il direttore della Viennale, il festival cinematografico di Vienna che aveva innalzato ai massimi splendori. Per commemorarlo il regista argentino porta alla manifestazione austriaca un film di Ernest Lubitsch, Mancia Competente, il quale secondo Solnick meglio rappresentava l’amico scomparso prematuramente: “Non mi interessa che faccia una traduzione letterale di ciò che ho detto – dice rivolgendosi all’interprete introducendo il film davanti al pubblico viennese – l’importante è – aggiunge con un sorriso – che dica che non eravamo amanti”. Una precisazione probabilmente non necessaria perché il film trasuda sì di affetto nei confronti dell’amico, ma soprattutto di stima da persona a persona.
Introduzione all’Oscuro è il “tour” viennese di Gastòn Solnicki nei luoghi che segnarono la quotidianità di Hans Hurch, i suoi tic, le sue piccole manie, tra cui quella di portarsi via di nascosto piccoli oggetti nei ristoranti, bar o negozi che frequentava. Il regista vuole ricordarlo, anzi ri-incontrarlo così, per quello che era. A lui non interessa confezionare un “santino” dello scomparso ma per omaggiarlo vuole un film “depravato”. Gli sfarzi architettonici della capitale austriaca diventano per il regista la sua propria personale elaborazione del lutto ed è in questo senso che il cinema si fa strumento di una sorta di elegia funebre, dove peraltro (e non poteva essere altrimenti in quei luoghi) la musica ha una parte molto importante; sia la musica viennese che quella che probabilmente aveva segnato gli anni precedenti la loro amicizia e le loro storie parallele (Love Is Blue di Paul Mauriat e Honesty di Fausto Papetti). Il film si conclude con i titoli di coda sotto i quali, in nero, si sentono ancora voci e suoni. Probabilmente un senso continuità della loro amicizia e di incompiutezza per una vita spezzata prematuramente. In Mancia Competente Lubitsch fa dire al suo protagonista Herbert Marshall “Sono l’uomo che entrò nella banca di Costantinopoli e uscì con la banca di Costantinopoli”. Ecco, questa forse è la “ricchezza” di Gastòn Solnicki scaturita dall’amicizia con Hans Hurch.