Già Leone d’Oro in due occasioni con La storia di Qiu Ju e Non uno di meno, Zhang Yimou ha fatto ritorno al Lido per presentare alla 75. Mostra del Cinema di Venezia il suo ultimo film, Shadow (Ying). Reinterpretazione del Romanzo dei tre regni, grande classico della letteratura cinese scritto da Luo Guanzhong, il dramma storico racconta la storia di un giovane e potente re (Zheng Ryan) e del suo popolo, desiderosi di riconquistare la città persa tempo prima. Se il re, ambizioso ma misterioso, adotta dei metodi a dir poco particolari, il suo generale è pronto a tutto per vincere la battaglia e ottenere la sua vendetta. Ma c’è un piccolo particolare: il comandante non è altro che l’ombra (Deng Chao), ovvero il sosia, della vera guida dei soldati. E tra intrighi e tradimenti, le donne di corte (la compagna del generale e la sorella del re) giocheranno un ruolo fondamentale…
SHADOW, UN DRAMMA STORICO DAL PUNTO DI VISTA DELLE CONTROFIGURE
Il regista di Lanterne Rosse torna a raccontare la Cina dei Tre Regni e le epiche battaglie di quel tempo, ma da una prospettiva particolare: quella delle ombre, da qui il titolo Shadow, ovvero le controfigure dei personaggi politici-militari raccontate dalla letteratura e sulle quali c’è ancora oggi grande mistero. Nella storia cinese si è spesso parlato di questi sosia politici, mai raccontati fino in fondo nel cinema: questo è l’obiettivo di Zhang Yimou, quello di scavare nel destino di questi personaggi e di indagare nella loro umanità. Il comandante dei soldati, ormai malato, ha deciso di rimanere nell’ombra e il suo sosia è chiamato ad agire per lui: reclutato da piccolo, ha dovuto imparare alla perfezione le mosse e le movenze del suo ‘capo’. Ma il progetto dell’oscuro generale non è solo quello di difendere il re, bensì di puntare al potere: tra gli intrighi di palazzo, toccherà allo Ying prendere una decisione sul suo destino.
VERO O FALSO, BIANCO O NERO
Come da tradizione, nel cinema di Zhang Yimou le donne hanno un ruolo centrale e in Shadow hanno un ruolo da protagonista la sorella del potente re, dall’animo buono ma pronta a vendicarsi per lo sgarbo subito, e la compagna del ‘vero’ generale, che si avvicina sempre di più allo Ying e dovrà combattere con un dissidio interiore. Il tema principale è quello del doppio: l’originale e la sua ombra, il verso e il falso, ma anche il maschile e il femminile. Un gioco delle coppie che viene straordinariamente ricalcato a livello cromatico dal bianco e il nero, con la fotografia di Zhao Xiaoding che viaggia quasi esclusivamente nei toni del grigio. Unica eccezione il rosa della pelle, quasi a voler evidenziare che l’unica verità risiede all’interno dei corpi e dell’anima dei singoli personaggi.
La cultura tradizionale cinese ha una grande influenza e a livello estetico il lavoro di Zhang Yimou è ineccepibile. La stessa scelta cromatica ripercorre l’arte cinese, con il set che si trasforma in un quadro. E, ovviamente, trovano grande spazio la ritualità e la classe di valori, avvicinandosi a tratti allo straordinario Hero. Nonostante ciò, non mancano gli spunti attuali: la donna non è sottomessa ed è pronta a decidere la propria sorte in prima persona, senza lasciarsi influenzare da nessuno. Tra qualche scelta abbastanza prevedibile e alcuni spunti degni di nota (l’invasione della città da parte dell’esercito a bordo di ombrelli composti da lame rotanti è sensazionale), la sceneggiatura firmata dal regista insieme a Li Wei è di ottima fattura. Dopo il non convincente The Great Wall, Zhang Yimou scrive una pagina nuova nella storia del genere wuixia e si conferma come uno dei registi più importanti della storia asiatica.