Renzo Piano – l’Architetto della Luce, documentario firmato dal prolifico regista spagnolo Carlos Saura presentato all’ultima edizione del Biografilm Festival, arriva finalmente in sala dal 14 al 17 ottobre inaugurando la nuova stagione degli appuntamenti mensili a distribuzione limitata di I Wonder Stories. Alternando immagini dei cantieri e rendering tridimensionali a una lunga intervista fatta all’archistar italiana nel 2013, Saura più che confezionare una monografia sull’architetto sembra quasi voler girare un ‘making of’ di uno degli edifici più recenti del suo studio: il Centro Botìn a Santander (Cantabria, Spagna).
Come suggerisce il titolo, seguendo le varie fasi della nascita dell’edificio – dalla discussione del progetto con il cliente (la Fondazione Botìn) al sopralluogo a Santander, dalle fasi iniziali del cantiere all’inaugurazione – Renzo Piano – l’Architetto della Luce si focalizza con i suoi 66 minuti di durata principalmente sull’ossessione di Piano per la luce. Ancor più che i momenti dedicati all’edificio in sé, che per la quasi totale carenza di dettagli tecnici o costruttivi lasceranno delusi molti degli appassionati di architettura che vedranno il film, nell’economia del film contano infatti le ispirate parole del progettista genovese, che nella loro assoluta semplicità ne descrivono la poetica meglio di ogni dissertazione.
LA LUCE COME IL MATERIALE PRINCIPE NELLA POETICA DI RENZO PIANO
Nel sottolineare che il suo scopo è creare luoghi fatti per durare nei secoli, nei quali la gente si incontri e celebri il rito della convivenza, Renzo Piano ammette di esser sempre stato attirato dalla luce più di ogni altro materiale, e di ritenerla forse l’elemento più importante del costruire: è una materia quasi metafisica, che vive e che vibra, proprio come l’acqua. E non a caso Piano ammette a stretto giro anche il suo amore per quest’ultima, per la sua capacità di unirsi alla luce e raddoppiare le immagini.
Sono proprio l’acqua e la luce due elementi caratterizzanti il Centro Botìn, che con la sua struttura massiccia ma stondata, coperta da piastre ceramiche circolari che riflettono la luce ambientale, si staglia quasi fluttuante sul lungomare di Santander, sollevato da terra da pochi imponenti piloni laddove prima c’era solo un gigantesco parcheggio destinato alle merci e cui i cittadini del luogo non avevano accesso.
INQUADRARE LA NATURA PER FAR VIVERE L’INFINITO
Ancor più che la struttura stessa, a Piano sembra interessare quel camminamento al di sotto di essa, che inquadra l’orizzonte come farebbe un fotografo, delimitandolo dal basso e dall’alto, creando un senso di infinito nel confronto e nel contrasto tra qualcosa di vicinissimo e qualcosa di inarrivabile. È proprio l’essenza stessa dell’inquadrare che Piano ammette di bramare al Saura fotografo: «sono sempre stato invidioso della fotografia: cattura l’attimo e poi esce dal tempo».
Se la luce ricorre nelle parole di Renzo Piano, è anche il suo opposto a presentarsi nelle sue metafore: «un lavoro creativo consiste nel guardare nel buio senza avere paura» afferma, e aggiunge che «bisogna osservare dove non vediamo e avere pazienza finché non iniziamo a intravedere qualcosa; anche gli occhi funzionano così: si adattano al buio. E anche la mente: quando sei frastornato hai bisogno di un po’ di vuoto e di silenzio per ragionare».
Lo straordinario talento di uno dei più grandi architetti della modernità emerge dalle immagini più poetiche dell’intervista, ed è proprio alla poesia che sembra mirare l’arte di Piano, «alla teknè greca, dove tecnica e poesia andavano di pari passo», per evitare le trappole degli stili e delle tendenze, «che sono pura accademia».
Renzo Piano – l’Architetto della Luce è un lavoro non di grandissimo impatto, eppure straordinariamente affasciante (più per merito delle parole di Piano che del lavoro di confezione del documentario, in sé piuttosto mediocre). Una celebrazione dell’idea più nobile dell’architettura; quella di chi ambisce a un infinito irraggiungibile e che però non si dimentica delle singole vite degli uomini comuni. Come dice l’architetto: «Se sei una persona, prima di iniziare a progettare non fai solo uno schizzo, vai a Santander, passeggi lì per un paio di giorni e cerchi di cogliere il genius loci, il DNA, la natura profonda di quel luogo. Parli con la città, con la gente; cerchi prima di capire davvero cos’è Santander». Renzo Piano è un pensatore illuminato, ed è poco ma sicuro che le sue parole potranno essere d’ispirazione a chiunque si recherà in sala a vedere la pellicola.