«Perché sei entrata qui?»
«Perché era vietato»
Con questa risposta provocatoria si potrebbe sintetizzare la personalità di Ariella, protagonista di Broken Mirrors, pellicola israeliana presentata in concorso alla sedicesima edizione di Alice nella Città durante la 13° Festa del Cinema di Roma.
Cresciuta in un contesto sociale e domestico contraddistinto da limiti e costrizioni, Ariella è un’adolescente dall’animo ribelle che si ritrova a scontrarsi con una mentalità paterna dai tratti intransigenti e dalla ferrea disciplina militare. Quando la ragazza commetterà un errore per cui neanche il genitore riuscirà ad assegnare una punizione adeguata, si ritroverà a essere il giudice più severo di se stessa.
Nella prima inquadratura, Ariella si trova a braccia aperte su una macchina verso una festa; un gesto che potrebbe sembrare ripreso da un teen drama americano (vedi Emma Watson in Noi Siamo Infinito), e invece ci troviamo di fronte a un’opera prima di provenienza israeliana. Soprattutto nella parte iniziale, è presente quella voglia di affrontare i problemi senza mezze misure attraverso il confronto tra diverse generazioni, tratto tipico dei migliori young adult.
Allo scontro generazionale, qui si aggiunge la cultura israeliana con tutte le sue contraddizioni interne, che i registi Imri Matalon e Aviad Givon riescono a raccontare in maniera brillante tramite la ribellione di una ragazza nei confronti di suo padre. Nella prima mezz’ora, siamo vicini alle atmosfere di In Between: Libere, Disobbedienti, Innamorate, dato che entrambi i film si rendono manifesti di un paese in continua trasformazione.
Questo respiro sociale – purtroppo – è solo momentaneo perché l’intera storia vira verso un dramma molto più personale che collettivo. Assistiamo a un susseguirsi di colpe e punizioni, di pene mai scontate e di castighi insufficienti. Ariella intraprende un viaggio che non sarà di formazione bensì di distruzione verso la sua persona. Il cuore di Broken Mirrors è costituito da una serie di tappe di autolesionismo alla ricerca di una redenzione impossibile da trovare (da notare che non viene messa in campo la religione ma tutto viene rapportato a una sfera personale, umana e totalmente laica).
Nel corso della personale via crucis di Ariella, il rapporto padre-figlia, tema cardine della storia, perde consistenza e spazio: narrativamente, risulta il punto d’inizio e fine ed è onnipresente nelle continue telefonate del padre alla ragazza, eppure rimane un rapporto vuoto e non sufficientemente approfondito. Alla fine del film, padre e figlia condivideranno un destino di sofferenza che li avvicinerà; lo spettatore, al contrario, si sentirà un po’ distante da questi personaggi perché, dopo averli scoperti in un magistrale incipit, non ha più avuto modo di conoscerli così a fondo.
Avvicinandosi con minuzia al dramma di una ragazza, Broken Mirrors si è inevitabilmente allontanato sempre di più da un discorso su Israele e la sua cultura.