Al loro primo lungometraggio, presentato alla 13. Festa del Cinema di Roma nella sezione parallela di Alice nella Città, i registi Salima Glamine e Dimitri Linder portano in scena con For A Happy Life un dramma familiare che rappresenta le profonde pieghe dei tradizionalismi culturali all’interno di un mondo contemporaneo in cui l’individualismo dovrebbe essere un diritto fondamentale dell’individuo.
UNA STORIA D’AMORE TRA DUE GIOVANI OSTACOLATA DALLE RISPETTIVE FAMIGLIE
Amel (Sofia Lesaffre) e Mashir (Zeerak Christopher) sono due giovani che vivono ormai da un anno e mezzo un’intensa storia d’amore, tenendola nascosta alle rispettive famiglie. Algerina lei e pakistano lui, vivono infatti sotto la pressione delle rispettive culture e dei rigidi dettami delle loro tradizioni. Ma quando i genitori di Mashir decidono per lui la futura moglie, Amel cerca in ogni modo di evitare che questo accada gettando però scompiglio tra le famiglie.
UN’OPERA PRIMA CHE MESCOLA DRAMMA FAMILIARE ED IMPEGNO SOCIALE
For A Happy Life racconta uno spaccato di vita complesso e variegato che, in mano ad altri registi, poteva clamorosamente trasformarsi in un teen movie dai toni drammatici. Tuttavia la sceneggiatura presenta con estrema naturalezza un insieme di personaggi e situazioni che non scadono mai nel patetico ma tracciano in maniera credibile i sentimenti che gli adolescenti di oggi provano nei confronti delle loro culture, barcamenandosi tra il rispetto verso le proprie famiglie e i desideri individuali che cercano di sopprimere.
La protagonista Amel è, tra tutti, la più complessa: non si tratta solo di un algerina innamorata di un pakistano la cui famiglia non ammetterebbe mai un matrimonio tra loro ma è soprattutto una ragazza che vive intense trasformazioni sentimentali senza l’appoggio della madre morta ormai da qualche anno, mentre il padre, che non sa come comportarsi, ha instaurato con lei un rapporto distratto e fin troppo razionale. Un romanzo familiare che parte da una vicenda privata per allargarsi fino ad un’intera comunità.
I registi però non si spingono nel giudizio netto verso i tradizionalismi catalogandoli come superati e irrispettosi nei confronti dell’individuo ma si accontentano di portare alla luce una storia d’amore in un contesto complesso ed eterogeneo. Anzi, la semplificazione è una grande insidia che Glamine e Linder tengono ben lontana dalla loro opera prima. Se la gelosia di una diciassettenne può facilmente far scivolare il film nel sentimentalismo, in questo caso il mostro dagli occhi verdi che abita la mente di Amel si mostra in tutta la sua intensità raccontando come l’animo umano viva il conflitto tra il bene e il male.
Vittima ed insieme carnefice, le sue azioni per evitare il matrimonio tra Mashir e la cugina Noor influenzano a macchia d’olio la vita delle famiglie che abitano il mondo di For A Happy Life, spostandosi così dalla sfera privata di un giovane amore contrastato verso un contesto più ampio e composito. La storia di Amel e Mashir trascende allora la sua essenza per toccare temi più universali, avvicinandosi così al pubblico in maniera empatica ed emotiva.
For A Happy Life è un’opera prima che non si affaccia timida perché racconta una piccola storia che si trasforma in grande testimonianza, in un perfetto equilibrio tra il gusto della narrazione e l’impegno sociale.