Partendo dal racconto di Hoffman (Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi pubblicato nel 1816), passando per l’adattamento di Alexandre Dumas e per il balletto musicato da Čajkovskij, la Disney si concentra su un fantasy sofisticato per raccontare il suo nuovo live action, Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni.
Clara deve elaborare il lutto per la perdita della madre, non è interessata alla vita mondana e preferisce rimanere in soffitta con le sue invenzioni. Alla vigilia di Natale, il padre le regala una misteriosa scatola a forma di uovo, sprovvista però della chiave per aprirla. Durante una festa, un filo la condurrà in un magico mondo parallelo di cui scoprirà essere la principessa.
Diretto dallo svedese Lasse Hallstrom (Chocolat, Hachiko), con l’entrata in corsa di Joe Johnston per circa trenta giorni di riprese, il film vanta un magistrale lavoro nella messa in scena che riguarda tutti i reparti: dalla fotografia di Linus Sandgren (Oscar per La La Land), interessato a rendere materici e tridimensionali i luoghi, allo studio del design, dei costumi e della scenografia, la quale affianca e non viene completamente inglobata dal digitale. Tutto questo concorre a un piacere dello spettatore nell’osservare minuziosamente i fasti dell’incipit natalizio e gli ambienti di un mondo fantastico impegnato a essere più realistico e cupo rispetto alla media dei film disneyani.
Purtroppo Lo Schiaccianoci e i 4 Regni non conserva la medesima cura nella narrazione e nello sviluppo dei suoi personaggi. Da Il Grande e Potente Oz a Nelle Pieghe del Tempo, la Disney mantiene uno schema pressoché simile: un mondo in rovina e un percorso di formazione del giovane protagonista, un cast di grandi stelle e un’ambientazione spezzettata in vari spazi, terre e reami. Ma che cosa dovrebbe avere questo Schiaccianoci per rimanere nell’immaginario cinematografico per un periodo superiore alla durata del suo trailer?
La risposta si potrebbe trovare nella stessa cinematografia Disney, o meglio in quella sfilza di live action che pescano a piene mani dalla vera gallina dalle uova d’oro della Casa di Topolino: i classici dell’animazione. Questi film sono riusciti a cristallizzare storie, valori e insegnamenti sufficienti a sorreggere non solo un film, ma anche riletture moderne (più o meno riuscite) prodotte negli ultimi dieci anni.
Insegnamenti più profondi e percorsi meno elementari sono ciò che manca al viaggio di Clara, interpretata da una convincente Mackenzie Foy, per non finire in pochi mesi nel dimenticatoio. Una protagonista dalla perfetta caratterizzazione del modernismo Disney, ingegnosa come l’Alice di burtoniana memoria e pronta all’azione come i ragazzi de Le Cronache di Narnia, Clara è più interessata a Newton e alle leggi della fisica che ai decoratissimi vestiti reali.
Nel cast troviamo arruolati Keira Knightley, Helen Mirren e Morgan Freeman, nomi imponenti che da soli non sono sufficienti per riempire delle figure molto ben vestite ma internamente vuote. Un difetto difficile da mandar giù rimane la confusissima psicologia del villain; le motivazioni del cattivo sono un aspetto a cui Walt Disney ha insegnato a dare un’attenzione di prim’ordine (basti pensare che non è raro affezionarsi più ai malvagi che ai protagonisti dei grandi classici) e risultano fondamentali nei percorsi di formazione come quello di Clara.
Curiosamente non avremo modo di osservare i Quattro Regni del titolo. Non sarà presente una rapida occhiata ai vari spazi (come fece Burton in Alice in Wonderland o Sam Raimi per esplorare le terre di Oz) perché Hallstrom decide di rinchiudere la narrazione in due soli claustrofobici spazi i quali, nella svolta action finale (probabilmente così drastica per il cambio di regia), risulteranno più angusti che mai.
All’interno de Lo Schiaccianoci e i 4 Regni è incastonata un’affascinante performance con un omaggio al classico Fantasia. Sfortunatamente, tolta la maestria e il fascino della visione, ci accorgiamo che sono lontanissimi i tempi in cui un topo e qualche scopa incantata sapevano far emozionare tutte le età in compagnia della musica classica.